Napoli, pioggia di pietre dalla chiesa di Santa Maria della Redenzione dei Captivi

Napoli - Chiesa di Santa Maria della Redenzione dei Captivi
Napoli - Chiesa di Santa Maria della Redenzione dei Captivi
di Eduardo Improta
Martedì 25 Luglio 2017, 16:09
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Nel centro storico di Napoli, patrimonio dell’Unesco, non c’è tregua per il patrimonio artistico, storico e culturale che appare agli occhi dei turisti, costretti ad assistere impotenti a una situazione di degrado assoluto che meriterebbe l’attenzione e l’intervento immediato degli enti preposti alla tutela dei beni culturali.

Molti monumenti del centro storico di Napoli tra i più belli del mondo sono privi di manutenzione ordinaria e cadono a pezzi. È la volta della chiesa di Santa Maria della Mercede e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, già chiesa di Santa Maria della Redenzione dei Captivi, un luogo di culto che si trova a pochi passi del Conservatorio di musica di San Pietro a Majella, in via Costantinopoli.
 
 

Nei giorni scorsi una pioggia di calcinacci è precipitata dalla facciata laterale della chiesa Santa Maria della Redenzione dei Captivi, in via San Pietro a Majello, nella zona del decumano superiore, quando fortunatamente non passava nessuno e per questo non si sono registrati danni alle persone.

Dopo la spicconatura gli uomini della protezione civile hanno messo in sicurezza l’area interessata alla caduta di calcinacci.
 

Il tempio in stile barocco venne fondato nella seconda metà del XVI secolo per volere di un’associazione caritativa nata nel 1548 con lo scopo di riscattare i cristiani fatti prigionieri nelle battaglie contro i musulmani.

Nel 1706 fu realizzata il rifacimento della facciata, per opera di Ferdinando Sanfelice, il prospetto fu definito mediante l’impiego di elementi dorici pe la parte del basamento e per il primo livello, mentre assai meno canonica fu la disposizione del frontone, degli obelischi con foglie di palma ai lati estremi. Altri rimaneggiamenti furono eseguiti nel 1715 con l’aggiunta di ulteriori elementi decorativi, e nel 1836 con un restauro di cui è conservata prova da una lapida posta all’interno della chiesa.
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