Stato civile, chiude l'archivio: così Napoli perde la memoria

Stato civile, chiude l'archivio: così Napoli perde la memoria
di Valerio Esca
Mercoledì 26 Giugno 2019, 07:30
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L'Archivio stato civile del Comune di Napoli si avvia velocemente verso la chiusura. Tra due settimane uno dei due dipendenti al lavoro negli uffici di piazza Dante (dove oggi c'è anche un operaio) andrà in pensione. A dicembre andrà via anche l'altro collega e da metà luglio l'ufficio resterà completamente sguarnito di personale a causa delle ferie arretrate da consumare. Cosa vuol dire? Che chiunque richieda un atto di nascita, morte o matrimonio, in copia integrale, non riceverà alcuna risposta. Addio a un pezzo di memoria della città.

L'Archivio stato civile del Comune conserva migliaia di faldoni nei suoi 540 metri quadrati. Nei libroni sono contenuti tutti gli atti di nascita, morte e matrimoni dal 1809 al 1965. E tutti i matrimoni dal 1966 al 1994. Le domande che giungono sono perlopiù di persone che vivono fuori città: alcuni in America che richiedono integrazioni da apportare a mano. E sì, perché le annotazioni ai documenti vengono fatte ancora a mano dal dipendente che tra pochi giorni lascerà il Comune a causa di quota 100.
 
Trascorsa l'estate il Comune non avrà più nessuno che si occuperà dell'Archivio mentre piovano ancora richieste da tutte le sezioni municipali. «In quegli uffici arrivano domande per gli atti di nascita, morte, vedovanze e anche modelli internazionali dall'estero che solo l'Archivio possiede e che ovviamente solo chi ha lavorato lì per anni conosce spiegano da piazza Municipio Nel corso degli anni non è stato creato un giusto turn over, dunque seppure l'amministrazione decidesse di inviare dipendenti comunali non saprebbero neanche dove mettere le mani».

Basterebbe farsi un giro all'interno dei corridoi e delle stanze dell'Archivio stato civile per comprendere l'enormità del valore storico contenuto nei libroni stipati sugli scaffali, all'interno e all'esterno degli armadietti, nei cassetti di ferro, molti dei quali arrugginiti. Non lontane dall'ingresso si trovano alcune «cartelle archivio» del 2003, mentre sui carrelli, in un'altra stanza, sono stipati gli atti di morte risalenti al 1823, al 1830 (con la specifica del quartiere San Ferdinando), 1843, questi ultimi divisi in due faldoni differenti, uno per il quartiere Stella ed uno per il quartiere San Giuseppe. Anni fa erano 120 i dipendenti che si occupavano dell'Archivio, oggi sono due, più un supporto, mentre ai divorzi c'è un solo funzionario. Si riescono ad espletare circa 30 atti al giorno, con una giacenza che si avvicina agli 80mila atti arretrati.

Nonostante il web, in molti si recano ancora a piazza Dante con l'intenzione di ricostruire il proprio albero genealogico, a partire dal 1809 e i due impiegati comunali fanno da guida tra faldoni che solo loro conoscono. Pochi giorni fa è stato risolto il caso di una persona separata dal 1992, che non aveva mai richiesto la modifica alla propria documentazione. È bastata un'annotazione a mano, in calce all'atto originale. Una brutta gatta da pelare per il Comune, considerata la quantità enorme di materiale cartaceo contenuta negli uffici dell'Archivio, che non è presente in forma digitale. Con le giacenze che già ci sono si rischia di ingolfare definitivamente la macchina.

«La situazione dell'Archivio stato civile - tuona Francesca Pinto, segretaria provinciale del sindacato Csa - con il pensionamento dal 15 luglio di un dei due dipendenti rimasti e a seguire anche dell'altro determinerà il blocco di questo ulteriore importante servizio. Annotazioni per divorzi, ricerche di stato civile, nascite, morti e matrimoni, più ricerche storiche di persone residenti in Italia ed all'estero, così come tutte le modifiche da apportare ai documenti saranno impossibili. Tutti i Comuni extraterritoriali, così come le circoscrizioni sul territorio non avranno più un riferimento a cui rivolgersi, soprattutto per dare risposte concrete ed indispensabili ai cittadini che ne fanno richiesta. Con la quota 100 incalza Pinto - siamo ormai al blocco dei servizi dalle carte di identità, allo stato civile, all'elettorale sino al welfare. Una prima risposta alternativa a chiusure o riduzioni di Servizi, sta nel utilizzare e valorizzare parte delle nuove assunzioni nelle zone di frontiera a contatto con i cittadini. Cosi da formarli e garantire servizi».
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