A Napoli solo 31 dipendenti «superstiti»
ma l'indotto rischia una nuova batosta

A Napoli solo 31 dipendenti «superstiti» ma l'indotto rischia una nuova batosta
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 26 Aprile 2017, 08:47
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Sono rimasti gli ultimi giapponesi nella giungla delle crisi ricorrenti della compagnia aerea nazionale. A Capodichino, i dipendenti superstiti dell'Alitalia sono rimasti soltanto 31. Al referendum, che a Napoli si è tenuto nei locali dell'aeroporto, hanno votato in controtendenza rispetto all'orientamento maggioritario espresso nell'urna dai loro colleghi: i sì all'accordo hanno prevalso con 19 voti, i contrari sono stati 11, mentre un voto è risultato nulla.
«Non c'è da meravigliarsi - commenta Antonio Aiello, segretario della Uil Trasporti campana - A livello nazionale, i voti contrari all'accordo sono arrivati soprattutto dal personale viaggiante, come i piloti. Figure professionali che certamente non figurano tra i pochi dipendenti Alitalia rimasti nello scalo di Capodichino».

All'aeroporto napoletano, sono pochi gli iscritti al sindacato tra il personale Alitalia. Sono suddivisi tra la Filt-Cgil e la Fit-Cisl. Tra i 31, in sette, compreso il capo scalo, lavorano all'assistenza da terra sui voli Alitalia. Gli altri si occupano di piccola manutenzione agli aerei, con qualcuno di loro distaccato all'Atitech, la società al 15 per cento Alitalia, con partecipazione di Manutenzioni Aeronautiche e Finmeccanica che si occupa di riparazioni e assistenza meccanica ai velivoli. Nel 2009, alla precedente crisi dell'Alitalia, proprio l'Atitech subì problemi e ripercussioni con 300 addetti che rischiarono di perdere il lavoro. La storia si ripropone in queste ore, anche se, nei 5 hangar della società Atitech non tutti gli aerei in manutenzione appartengono alla flotta Alitalia.

Spiega infatti il presidente dell'Atitech, Gianni Lettieri: «Nell'ultimo trimestre, le commesse Alitalia, in passato per noi al 95 per cento, si sono ridotte arrivando al 50 per cento. Abbiamo diversificato la clientela, tra compagnie portoghesi, russe, spagnole, turche. Ciononostante, il pericolo commissariamento potrebbe avere effetti di stasi sui nostri crediti e sulle attività in corso».

Un pericolo non da poco, per un'azienda che occupa 700 addetti. È l'effetto indotto della crisi Alitalia. Una storia che a Capodichino si è già vista. Otto anni fa, venne anche chiusa la sede di Alitalia-Cai al Centro direzionale di Napoli. Vi lavoravano soprattutto impiegati, che raccoglievano prenotazioni e gestivano documenti e contabilità legati allo scalo napoletano. Nel settembre del 2008, tra quella sede e l'aeroporto di Capodichino, i dipendenti Alitalia erano 109. Tutti lavoratori di servizi a terra. Tre mesi dopo, erano scesi a 69. Al Centro direzionale, fino alla chiusura si ridussero a 20, poi trasferiti a Roma. Gli altri entrarono in mobilità e poi persero il lavoro.

Tra i 31 di Capodichino, c'è rabbia e molta preoccupazione. In maggioranza hanno votato a favore dell'accordo, sperando soprattutto di salvare azienda e lavoro. C'è, però, soprattutto tra quelli addetti all'assistenza a terra dei voli Alitalia, il maggiore timore del trasferimento o della cassa integrazione. Da qualche anno, infatti, l'orientamento manageriale di tutte le compagnie aeree è di affidare a società esterne i cosiddetti servizi di handling.

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