Angeli invisibili, duemila «discontinui»
ignorati dal bando

Angeli invisibili, duemila «discontinui» ignorati dal bando
di Chiara Graziani
Venerdì 7 Ottobre 2016, 09:12 - Ultimo agg. 11:24
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Gli angeli invisibili, i vigili del fuoco discontinui o volontari, muoiono sul lavoro e non fanno notizia. Il suicidio di Fabio De Muro, 42 anni, non è stato il primo, fra i discontinui (termine che dovremmo imparare a conoscere).
Nel 2014 Marco Poletti, per citarne uno, lo aveva preceduto in una storia simile e dall’esito uguale, il suicidio. La categoria, in queste circostanze, si solleva, senza distinzioni fra precari e stabili, partono le raccolte di fondi per vedove ed orfani (Poletti aveva una figlia). Ma gli angeli invisibili, non abbastanza forti da conquistarsi il titolo mediatico e ormai banalizzato di angeli del fango, restano nascosti all’opinione pubblica. Come ogni angelo, però, non smettono di esserci e ad essere importanti. Il Corpo, sotto organico, fa affidamento su di loro. Salvo poi non stabilizzarli. O, peggio, come affermano i sindacati, salvo metterli fuori gioco al momento dei concorsi alzando asticelle insuperabili.

«Quindicimila in tutta Italia, per difetto, duemila fra Napoli e provincia, tremila in tutta la Campania» spiega Daniele Caccamo, coordinatore nazionale dell’associazione nazionale discontinui che aderisce al Cub. «Una categoria che non riesce a bucare il muro dell’informazione. Semplicemente non interessiamo a nessuno, forse perchè non siamo un bacino elettorale. Tutti i politici guardano altrove, da decenni. I discontinui infatti esistono da almeno tre decenni e da allora puntellano le esigenze di organico fino ad essere diventati indispensabili oggi. E lo Stato che fa? Prepara un concorso per 200 posti davanti ad una platea di 15mila discontinui. E, per di più, fissa limiti d’età che sa essere una ghigliottina. Ma di cosa parliamo?».
 

 

Parlando di Fabio, che aveva avuto tanti sogni fino a quando, a Qualiano da piccolo, vestiva la maglia numero 11 nella squadra locale (come ricorda il suo amico della maglia numero 10), si potrebbe dire che oggi si parla di dedicare a lui la nuova caserma dei vigili del fuoco della quale proprio ieri mattina si poneva la prima pietra.
Antonio, il fratello maggiore (e padre in seconda) di Fabio, prima ha apprezzato. Poi ha messo a punto: «Se faranno qualche cosa per i discontinui, bene. Intitolare la caserma a mio fratello avrebbe un senso. Ma se si vuole alzare un insegna e poi continuare a tacere davanti alla vergogna del precariato e dello scarto di lavoratori specializzati, preparati, necessari ma ghettizzati, diciamo: no grazie. A Fabio non serve un titolo postumo. Sarebbe stata meglio un’assunzione da vivo».

Dà un appuntamento agli amici, ai colleghi: «Non lasciamo morire la memoria di Fabio. Cerchiamo di rendere utile la sua morte ai tanti nelle sue condizioni».
Antonio De Muro non ha digerito - come gli amici che te lo raccontano con rabbia e stupore fuori dalla chiesa - una piccola mancanza di stile che lui denuncia così: «Un funzionario si è fatto lo scrupolo di chiedere al sindaco se fosse opportuno chiederci la tassa per l’inumazione: 140 euro.
La risposta è stata sì. La cifra non ci spaventa. Ma il riguardo alla famiglia ed al suo dolore sarebbe stata apprezzato».

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