Apple, l'appello del prof Perchiazzi:
«Studenti connessi con le passioni»

Apple, l'appello del prof Perchiazzi: «Studenti connessi con le passioni»
di Mariagiovanna Capone
Sabato 3 Settembre 2016, 14:51 - Ultimo agg. 19:59
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Francesco Perchiazzi è uno dei vincitori del bando per docenti alla iOS Developer Academy di San Giovanni a Teduccio. Trentadue anni, napoletano del Vomero ma una personalità «nomade» perché con costanza e anche un pizzico di follia ha costruito la sua carriera spostandosi in giro per il mondo. 

Un percorso professionale costruito come?
«Autofinanziandomi per lo più. Mi interessava un corso ma era negli States? Risparmiavo, rinunciando a velleità che avrei potuto recuperare un domani, e mi mettevo sotto a lavorare e guadagnare alternando gli studi per partire». 

Sfogliare il suo curriculum è perdersi in un universo sconosciuto di sigle e acronimi: ma qual è il suo lavoro?
«Sono un UI/UX designer. Mi occupo della ideazione e della creazione di un software. Sono un architetto visivo che raccoglie tutte le informazioni e i requisiti di un software, e li trasformo in un’ architettura delle informazioni. Questa poi viene trasformata in una forma grafica grezza tramite dei wireframe, ovvero delle griglie di layout che servono a valutare l’usabilità, l’accessibilità e l’efficacia di un processo interattivo. Da questo momento in poi c’è la parte del visual design, più incentrata sull’aspetto grafico, che trasforma in forma accattivante tutti questi layout». 

Facciamo finta che sua nonna la stia leggendo: come spiegherebbe a lei il suo lavoro?
«Glielo dico così come davvero gliel’ho spiegato: “Nonna, creo il telecomando del tv a schermo”. Lei mi ha risposto di aver capito, non so però se stesse fingendo per non deludermi o se davvero aveva compreso l’esempio».

Sono concetti più difficili a dirsi che a farsi immagino...
«Sicuramente per un profano è faticosissimo, direi anche impossibile se la mentalità non è sufficientemente stimolata e sollecitata».·

In che senso?
«Nel senso che chi fa questo lavoro spesso è confuso con quello del programmatore, ma io non programmo niente. Ripeto spesso quanto mi ha insegnato Bruce Tognazzini, mio docente a un corso di specializzazione ad Atlanta: “È come se io fossi un regista che sta girando un film in un presente prossimo”. Devo creare ciò che provoca una sensazione di benessere alla gente. È un lavoro in cui mescolo tutte le mie passioni che poi ho avuto modo di approfondire a livello accademico: fumetti, cinema, grafica, antropologia, ergonomia, psicologia delle forme. Con il corso fatto con “Tog”, un progettista delle interazioni che lavorò alla Apple negli anni ‘80 e fu nella cerchia ristretta di collaboratori di Steve Jobs, ho imparato a far coesistere tutte queste conoscenze».

Che studi ha fatto per arrivare alla Academy della Apple?
«Triennale a Napoli in Beni Culturali, poi magistrale in Forme e Tecniche dello Spettacolo alla Sapienza di Roma, subito dopo ho iniziato a guadagnarmi da vivere realizzando packaging e messi i soldi da parte sono andato a specializzarmi a Milano in visual design, poi sono tornato a Roma dove insegnavo alla Scuola romana di fumetti. E poi tanti corsi e studi approfonditi in tantissimi campi. La mia fortuna: quella di avere tante passioni, coltivarle e approfondirle, per connetterle tra loro, trasformarle in risorsa. Dal 2008 in poi queste figure sono più presenti sul mercato e sono nate grazie ai prodotti Apple come iPhone, iPod, iPad: discipline diverse ma interconnesse».

Cosa insegnerà agli studenti del corso?
«Mi piacerebbe che imparassero a lavorare in questo settore con serenità, pace interiore concentrandosi su tutte le cose da contestualizzare. Ma anche a scrollarsi di dosso il distacco dal mondo videoludico, a restare umani. Quando ho iniziato io su Ms-Dos c’era lo schermo nero e le lettere bianche: è una metafora, lo schermo era nero perché brancolavamo nel buio. Oggi invece si lavora sul bianco, ci sono troppe sollecitazioni e non focalizziamo le cose essenziali. Questi studenti avranno l’occasione di realizzare un prodotto digitale for people, in grado di aiutare l’essere umano. Sviluppare una app non deve essere uno stimolo alla vanità ma deve essere utile per l’altro».

E lei cosa si aspetta da questo corso?
«Credo che avrò occasione di imparare molto anch’io. Anzi non vedo l’ora di iniziare. Ho lasciato un posto fisso in una società al Centro direzionale che amavo molto e mi dava molte soddisfazioni, ma ho fatto una scelta di cuore, non di portafogli. Per me insegnare all’Academy sarà come tornare a casa».