L'«autosalone» della mala
gestito dal boss ai domiciliari

L'«autosalone» della mala gestito dal boss ai domiciliari
di Marco Di Caterino
Martedì 28 Febbraio 2017, 10:13 - Ultimo agg. 10:55
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Non è stato scelto a caso il nome «Febbre da cavallo», che definisce l'operazione dei carabinieri con la quale è stata sgominata un'articolata organizzazione criminale, «specializzata» in quell'odioso reato del «cavallo di ritorno», che nel codice penale trova l'equivalente nell'estorsione. Perché questi criminali agivano con la stessa compulsiva frenesia con la quale Gigi Proietti e company puntavano alle corse dei cavalli nel film diventato un cult evergreen. In appena due mesi, gli inquirenti hanno accertato un centinaio di reati, tra furti, ricettazione, estorsione e persino episodi di riciclaggio con auto rubate, «pezzottate» e rivendute, rubate di nuovo e passate sotto il «cavallo» di ritorno.

Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno permesso di svelare tutta la filiera di questo malaffare, concentrato soprattutto nella zona a nord di Napoli (Arzano, Grumo Nevamo, Giugliano, Casoria, Melito) dove su cento auto rubate, il novanta per cento viene ritrovato nel giro di 12-24 ore, naturalmente solo grazie al pagamento della tassa di «ripossesso» versata dalle vittime. Mente di tutta l'organizzazione, Carmine Cerrato, che pur stando ai domiciliari per un'estorsione, gestiva il tutto, grazie a un paniere che calava dalla sua abitazione, e dentro il quale i ladri depositavano le chiavi e documenti delle auto rubate. Alcune microspie piazzate dai carabinieri nell'aiuola sottostante la sua abitazione hanno consentito di svelare tutta la filiera dell'organizzazione, con oltre trecento pagine di colloqui, finite nella ponderosa ordinanza eseguita ieri mattina.

Ecco alcuni significativi passaggi. Carmine Cerrone, rivolto a un acquirente, dice: «Tengo una Sendero, una Mazda 6, una C1, una Fox, due Grande Punto Evo, una C3 diesel. E tengo anche quattro-cinque pezzi pregiati, uno più belli dell'altro. Un'Audi A4, una Polo nuovissima, un' Audi Sportback e un'Audi 3». Tutte rubate e pronte o per il cavallo di ritorno o per lo sfasciacarrozze, per essere fatte a pezzi, smontate per alimentare il fiorente mercato dei pezzi di ricambio. In un'altra intercettazione captata dalla microspia nell'aiuola, il boss con il paniere parla con il figlio, Giuseppe, e il suo braccio destro Maurizio Spinelli, detto «zì Maurizio», e svela i prezzi della filiera: «Allora se prendiamo una Panda, a quelli (i ladri) massimo gli diamo 2-3 (duecento-trecento euro) una Punto nuova 5 (settecento euro). Per chi deve fare il pezzotto (modificare il numero di talaio e rivenderla) il prezzo e di 6( seicento euro), se poi la deve riconsegnare facciamo 10( mille euro)».

Insomma, questo criminale ai domiciliari si comportava come se avesse una sorta di autosalone clandestino, stando bene attento ai posti dove venivano posteggiate le auto in strada, in attesa di piazzarle. Sembrerò strano, ma Carmine Cerrone, in una delle centinaia di intercettazioni, sgrida il figlio e «zì Maurizio»: «Ma quante volte ve lo devo dire. Li (calata Capodichino) non le dobbiamo mettere (riferito alle auto), in quel c.o di posto se le rubano. Ma vi pare possibile? Abbiamo amici a Casoria, Afragola, Arzano (vicino al cimitero), dove nessuno le tocca».

Insomma a leggere le circa 700 pagine di questa sorta di romanzo criminale che è l'ordinanza che ha portato in cella 33 malviventi (tra carcere e domiciliari) e 14 con il divieto di soggiorno in regione, c'è da rimanere basiti per quel senso di «normalità» con la quale agivano questi delinquenti, che neppure si facevano scrupolo di quanto commesso e che anzi, si vantavano per come «lavoravano». Come uno degli indagati che dice al boss: «E vuoi i camion? E quanti ne vuoi io tanto te ne porto. Come me, per i camion non c'è nessuno che mi possa superare».