Baby pusher, scuola in ginocchio
«A Napoli noi insegnanti inermi»

Baby pusher, scuola in ginocchio «A Napoli noi insegnanti inermi»
di ​Daniela Angerano
Giovedì 19 Gennaio 2017, 08:52 - Ultimo agg. 09:40
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Lezioni di spaccio al Pallonetto. Lo zio diluisce la coca con l'acetone e intanto insegna i rudimenti del mestiere alla nipote di otto anni, che così impara a confezionare le bustine da portare ai tossici di turno. «Se qualche volta, a scuola ti chiedono il tema sulla droga tu già lo sai», spiega lo zio alla piccola. Tutto quel che c'è da sapere, la piccola può impararlo in famiglia. In classe, su questo tema potrà sempre primeggiare. Il resto, per chi deve ereditare l'impresa della droga, serve a poco. Lo spiegano chiaramente le intercettazioni allegate all'ordinanza che martedì ha messo nei guai quarantacinque tra grandi e bambini. E spiegano, più di qualunque trattato di sociologia, come la scuola - per chi è destinato alla malavita - sia un passatempo più o meno inutile. Anche una scuola che funziona diventa disarmata quando mamma e papà la considerano meno di zero. I bambini del Pallonetto sono iscritti in massa all'istituto «Baracca Vittorio Emanuele Secondo».

La dirigente scolastica, Sara Sica, è arrivata a settembre. «I nostri alunni per me sono tutti belli, intelligenti e vivaci spiega - Napoli non è una realtà facile, ma noi cerchiamo di arricchire costantemente l'offerta formativa e abbiamo un'attenzione costante per la dispersione scolastica: proprio domani su questo tema ci sarà anche un incontro a cui parteciperà anche l'assessore Anna Maria Palmieri». E alla Baracca si organizzano progetti sulla legalità, sui Quartieri Spagnoli, sul forum delle culture, sull'Europa, sullo sviluppo sostenibile. Una battaglia quotidiana che, però, i prof hanno poche speranze di vincere. Perché in famiglia chiariscono bene, fin da subito, che in aula bisogna mentire. Sempre. Chiede la zia alla bambina di otto anni da ieri al centro dell'attenzione di giornalisti di mezzo mondo: «Ma a scuola ti hanno mai chiesto tua mamma che lavoro fa?». E la bimba: «No». Immediatamente l'adulta l'istruisce: «Se per caso ti chiedono di tua mamma tu rispondi sempre che fa la casalinga». Ma la creatura non è convinta che la menzogna possa avere successo: «Quello ci sta Ignazio che alla maestra le dice tutt' cos'» osserva. Quindi, lezione prima: impara a spacciare. Lezione seconda: impara a mentire. E cosa può fare un'insegnante di fronte a questi insegnamenti?

Probabilmente poco. Negli ultimi anni, la Baracca ha vissuto senza grossi problemi. In passato si è trovata, invece, ad affrontare momenti veramente difficili. Ci sono stati anni in cui la vita per l'istituto è stata ad alto rischio. Anni fa un gruppo di studenti lanciò i banchi dalle finestre e i genitori dei «buoni», quelli che abitavano a Montedidio, si schierarono contro le mamme e i papà del Pallonetto. Questi furono convocati dal capo d'istituto. Molti non si presentarono. La dirigente continuò a insistere. Finché una mamma non si ribellò: «Non posso certo violare i domiciliari per fare contenta la preside», dichiarò incrollabile. E la dichiarazione mise fine alla contesa. Ma la situazione non è cambiata di molto in questi anni. Al Pallonetto, forse ancora più che altrove, la droga è un affare di famiglia, in quei vicoli il commercio della droga ha preso il posto di quello più antico delle sigarette e di padre in figlio si continua a lavorare in quel ramo.

L'apprendistato comincia dalla più tenera età. Qualche anno fa fu arrestato uno scippatore di dieci anni che spiegò: «Stavo con mio cugino a scuola di scippo». E ha imparato, certo che ha imparato. Tanto che figura nell'elenco degli arrestati diffuso martedì. Dimostrando ancora una volta che la scuola della famiglia è più efficace di quella dello Stato. Specialmente se a metterti la bustina in mano è proprio mamma'. In questi casi bisogna incidere anche sulle famiglie. Spiega Maria Dell'Ormo della cooperativa assistenza e territorio, ente gestore per conto del Comune di Napoli del progetto di educativa territorialità della prima municipalità: «Il nostro centro è frequentato da molti ragazzi del Pallonetto. Spesso hanno i genitori in carcere. Io a volte ho la sensazione che, se potessero, ne farebbero ben volentieri a meno, ma non riescono a liberarsi del contesto in cui vivono perché hanno paura di restare soli e non avere più alcun punto di riferimento. Sono ragazzi impauriti che temono di entrare in relazione con i coetanei che vivono fuori dal loro mondo. A volta capita anche, però, che gli altri, quelli che hanno una vita normale, pensino a quelli che appartengono a famiglie di malavita come ai forti, a quelli che detengono il potere. E nel nostro centro abbiamo visto spesso situazioni del genere.

Due comportamenti opposti, ma figli entrambi del disagio, dell'ignoranza e di un livello socioculturale molto basso». Spiega Maria Franco che insegna nella scuola media dell'istituto penale di Nisida da più di trenta anni: «Dare la galera non è la soluzione, ma anche non darla non è la soluzione. Oggi nessuno ha la ricetta che permetta ai nostri ragazzi di evitare di perdersi. I problemi sono sempre più radicati e la scuola è inerme. C'è un territorio che è fuori del controllo dello Stato e sotto quello dell'illegalità: bisogna prenderne atto. La nostra società punta su forza e potere e una parte della società pensa di arrivarci compiendo reati. Dovrebbero pensare di poterci arrivare tramite legalità, cosa che attualmente non è vera ed è per questo che gli insegnanti sono in difficoltà. Bisogna prendere atto che la situazione è tragica e certo non basta un po' di turismo e qualche spot televisivo per cambiarla. Quindi prendiamone atto e cominciamo a ragionarci mettendo insieme le poche presenze vive, dalle scuole alle associazioni, che ancora esistono sul territorio». 

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