Napoli, l'abbraccio della pace a piazza Mercato: «Ma io non mi pento, quel carabiniere si doveva fare i fatti suoi»

Napoli, l'abbraccio della pace a piazza Mercato: «Ma io non mi pento, quel carabiniere si doveva fare i fatti suoi»
di Rossella Grasso
Venerdì 19 Gennaio 2018, 21:30 - Ultimo agg. 20 Gennaio, 08:18
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«Hanno tutti acceso i fuochi negli altri quartieri. E noi che facciamo? Abbiamo questa bella piazza grande e non è nemmeno pericoloso. Perchè non lo possiamo fare?». A parlare è Genny, 13 anni. C'era anche lui in piazza Mercato la sera dei fuochi di Sant'Antonio. Racconta quella serata folle in cui è scoppiata la violenza, ragazzini tra i 10 e i 15 anni contro i carabinieri, intervenuti per motivi di sicurezza. C'era anche lui oggi in piazza mentre un gruppo di suoi coetanei abbracciavano i carabinieri per chiedere scusa per l'accaduto da parte di tutti. Ma lui la pensa diversamente: «Dispiaciuto io? No, perché se si faceva i fatti suoi, lui non si faceva male e noi accendevamo il nostro fuoco e non succedeva niente», dice parlando del carabiniere contuso nel tentativo di inseguire alcuni di loro in fuga.
 


«Accendere il cippo a Sant'Antonio è una tradizione - spiega Genny - lo facevano i miei nonni, i miei bisnonni, perchè noi non possiamo farlo?». L'opinione che il ragazzino ha dei carabiniri è controversa e figlia del contesto in cui vive. Non sa ancora cosa vuole fare da grande, ma di una cosa è certo: non farà mai il carabiniere. «È un mestiere che non mi piace - dice - perchè arresta le persone e porta dolore. Ho visto i miei familiari essere arrestati ed è stato brutto». Deve aver sofferto tanto Genny, che parla da adulto ma che è un bambino, quando ha visto portarsi via i suoi cari in manette. Ha il fare spavaldo di chi non ha paura di niente ma pronuncia la parola «dolore», consapevole di cosa vuol dire. «Probabilmente non piace nemmeno a loro farlo ma è il loro dovere - dice  - le persone fanno qualcosa e vengono arrestate». A 13 anni è forse ancora difficile distinguere nettamente tra bene e male, Genny chiaramente non lo ha capito ancora, ma forse nessuno glielo ha mai spiegato. 

Non è affatto pentito di quello che ha fatto e rilancerebbe pietre e molotov contro i carabinieri se questi gli impedissero nuovamente di accendere il «cippo», la catasta di legna raccolta con tanta fatica. «Se non ci fanno accendere il fuoco succederà sempre questo - dice - Il carabiniere si è fatto male e c'cercamm scus'. Ma lo rifarei perché noi tutti bambini dopo tutto quello che abbiamo fatto per raccogliere la legna ci siamo presi un po' collera. Ci è dispiaciuto che solo noi non lo abbiamo acceso, tutti gli altri quartieri lo hanno fatto». La voce trema un po' sulla questione scuse: è troppo forte il dispiacere per la mancata accensione del fuoco, il gioco pericoloso che gli è stato impedito di fare.
 
 

Quando gli viene chiesto cosa ne pensa delle babygang la sua risposta è netta: «Noi non siamo una babygang, non facciamo nulla di male», parla al plurale come a voler includere anche i suoi amici, quelli con cui il 17 sera stava accendendo il fuoco a piazza Mercato. Genny usa parole forti per descrivere quanto accaduto a Arturo, Ciro e Gaetano e invece in questo caso la divisione tra buoni e cattivi ce l'ha ben chiara, come se anche lui si considerasse dalla parte dei cattivi: «Ci dispiace per il ragazzo accoltellato alle spalle - dice - Non è giusto che un ragazzo buono cammina e viene preso alle spalle. Vedetevela con i ragazzi come voi. Loro sono stati vigliacchi, venite dai ragazzi come voi che se la sanno vedere, non dai ragazzi bravi che sono indifesi e non fanno niente».    

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