Lady camorra, caffè ai killer prima dell'omicidio. Il boss: «Mi chiamano Allah»

Lady camorra, caffè ai killer prima dell'omicidio. Il boss: «Mi chiamano Allah»
di ​Giuseppe Crimaldi
Sabato 16 Aprile 2016, 08:34 - Ultimo agg. 09:26
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Caffè e brioche nella casa del boss prima di andare ad uccidere un uomo. Alle sette di mattina del 29 marzo il destino di Pasquale Izzi - pregiudicato in permesso premio che dopo alcuni giorni di libertà vigilata si apprestava a rientrare nel carcere di Avellino - era già compiuto. Il suo omicidio era stato pianificato da giorni, e a decretarlo era stato Carlo Lo Russo, il reggente del clan dei Capitoni di Miano. E quella mattina «zio Carlo», come lo chiamano in segno di deferenza e rispetto i giovanissimi killer che si sono offerti di premere il grilletto, assisterà in compagnia della moglie all'esecuzione in diretta, per poi - più tardi - compiacersi con uno dei sicari dicendogli: «Dieci botte (colpi, ndr) in faccia. Ma come hai fatto?».
 



Cartoline dall'inferno della camorra nera che a Napoli continua a tenere sotto scacco interi quartieri. A poco più di due settimane da quei fatti polizia e carabinieri hanno chiuso il cerchio delle indagini arrestando quattro persone: il 49enne Carlo Lo Russo, considerato il mandante del delitto, sua moglie Anna Serino, di 46, Luigi Cutarelli, di 21 anni, indicato come esecutore materiale, e Mariano Torre, 28enne, accusato di aver affiancato il sicario e di aver contribuito a localizzare Izzi che usciva di casa per salire a bordo di un'auto.Dalle carte dell'ordinanza firmata dal gip Francesca Ferri emerge uno spaccato inquietante che è poi anche un affresco drammatico del degrado targato camorra. Le indagini coordinate dai pm della Direzione antimafia Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock hanno messo in luce ogni particolare dell'omicidio. A cominciare dal movente: il 55enne Izzi fu ucciso perché era «antipatico» a Lo Russo. Antipatico: proprio così dice il boss spiegando che la presenza seppur saltuaria di quel pregiudicato mai visto di buon occhio dai suoi, anche perché legato a soggetti vicini a un gruppo rivale. E così la mattina del 29 marzo da un lato il capoclan impartisce i suoi ultimi ordini ai sicari, mentre sua moglie - come una perfetta «lady camorra» - prepara loro la colazione prima di incitarli a compiere la missione di morte.

«Anna Serino - scrive il gip - non è una mera spettatrice, non si limita a condividere la decisione dell'omicidio. Fa di più: partecipa alla fase organizzativa e si impegna, quando i killer stanno per entrare in azione, a tenere lontane da casa la madre e la donna delle pulizie per paura che vedano qualcosa e possano spaventarsi.Una sequenza di orrori e follie. L'esecuzione è un «regalo» che il giovanissimo Cutarelli - detto «Kamikaze» - fa a Carlo Lo Russo sottolineando e vantandosi di essere pronto a «fare ogni cosa per lui, pure di farmi esplodere». Non a caso il 21enne si fa chiamare «Kamikaze».

Dalle registrazioni acquisite emerge un altro inquietante particolare: conversando con la moglie il boss si esalta: «Quello (Cutarelli, ndr) a me mi chiama Allah, e per me lui è l'Isis!». Passaggio, questo, che non sfugge al gip, che sottolinea: «Per gli indagati l'unica cosa che conta è l'obiettivo, da colpire a ogni costo.
Come i kamikaze al servizio dell'Isis, si uccide senza preoccuparsi della vita e del dolore».A inchiodare i quattro sono le intercettazioni ambientali che registrano tutto in presa diretta, compresi i momenti immediatamente precedenti e successivi all'uccisione di Izzi. «Gli ho dato dieci botte in faccia - ripeterà poco dopo aver massacrato la vittima il giovanissimo killer - E poi sono tornato indietro per dargliene altri due, la mazzetta (cioè il colpo di grazia, ndr). Dialoghi agghiaccianti che avvengono nell'abitazione di via Janfolla di Lo Russo. Le indagini sono frutto della collaborazione investigativa tra gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli e dei carabinieri della compagnia del Vomero, che hanno lavorato in splendida sinergia.

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