Ospedale San Paolo, i camici non bastano per tutti: familiari dei ricoverati chiamano la polizia per entrare in rianimazione. «Ma il vero nodo è il personale»

Ospedale San Paolo, i camici non bastano per tutti: familiari dei ricoverati chiamano la polizia per entrare in rianimazione. «Ma il vero nodo è il personale»
di Maria Pirro
Sabato 6 Febbraio 2016, 20:38 - Ultimo agg. 20:39
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Finiscono i camici da indossare per far visita ai familiari ricoverati in rianimazione al «San Paolo»: bloccati gli accessi, i fratelli di un’ammalata chiamano la polizia. «Sono arrivato da Reggio Emilia: non accetto di restare fuori», lamenta Mario M., mentre le guardie giurate in servizio nell’ospedale recuperano un’altra tunica. Caso risolto, ma dietro la vicenda ci sono altri problemi: «Nella sala d’aspetto è affisso un cartello che avvisa che possono entrare due visitatori ogni paziente, quindi 16 in tutto, visto che i degenti sono otto. Ma se ne sono presentati più di 30 in poche ore, quasi il doppio, così si sono esaurite tutte le scorte a disposizione», chiarisce il dirigente medico Vincenzo Landi, vicesegretario del sindacato Aaroi-Emac all’Asl, che spiega perché è difficile regolare gli ingressi. «Manca l’operatore socio-sanitario, addetto al compito». E questa non è l’unica carenza di personale in organico. «Si contano 13 anestesisti anziché 26, pur se in altre branche sono presenti molti più medici: ad esempio, 23 ginecologi e 23 chirurghi». Con la nuova legge sui turni  è, di fatto, impossibile garantire le operazioni non urgenti. «A rischio, da marzo, addirittura gli interventi di interruzione volontaria di gravidanza», aggiunge Landi. Insufficiente anche il numero di infermieri. «In ospedale siamo rovinati: sollecitiamo scelte politiche chiare».

 
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