Camioncino senza logo e banchetti improvvisati per la raccolta del sangue, le scuse dell'Avis Napoli

Camioncino senza logo e banchetti improvvisati per la raccolta del sangue, le scuse dell'Avis Napoli
di Nunzia Marciano
Giovedì 16 Novembre 2017, 20:54
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«Le nostre scuse sono d’obbligo, purtroppo da Milano non riusciamo a controllare tutto e tutti ma quello che abbiamo visto non deve ripetersi»: sembra sinceramente dispiaciuto Alberto Argentoni, presidente nazionale dell’Avis, all’indomani del video pubblicato sul Mattino.it che documenta unità mobili dell’Avis anonime, medici che danno risposte fuorvianti sulla natura della raccolta e autisti parecchio preoccupati dalle domande e dalle riprese dei giornalisti, tanto da chiederne le generalità che nemmeno le forze dell’ordine.



Le scuse e la presa di coscienza del direttivo nazionale fanno il paio con la rassicurazione di un maggior controllo e anche all’incredulità di certi atteggiamenti, per Argentoni ingiustificati in un’ottica di trasparenza massima dell’associazione, già sotto i riflettori per questioni legate a parentele sospette e alla mancata apertura di punti di raccolta fissi in Campania: «Riteniamo che tutte le strutture, anche quelle mobili, debbano essere riconoscibili e anche il personale deve esserlo, vogliamo che ci sia chiarezza sulla raccolta a cui fanno riferimento le unità, che non sono l’ospedale ma l’Avis», spiega il presidente: «Quando ho visto il video ne sono rimasto negativamente colpito, per l’atteggiamento degli operatori e per le condizioni in cui effettuavano la raccolta, non per ultimo un banchetto informativo pessimo: il fatto è che non ne hanno motivo, noi siamo e vogliamo essere trasparenti e cose del genere di certo non aiutano, anzi minano alla fiducia dei donatori. Ad ogni modo vogliamo rassicurare la stampa e l’utenza che saremo parte attiva perché venga riconosciuto sempre l’UDR (unità di raccolta) che deve essere appunto chiara e inequivocabile».
 


Sulla questione della grafica come giustificazione, Argentoni non si sbilancia ma ammette: «Non so dire se è vera o no la storia della grafica. Da quello che ho visto sul banchetto e sul resto però, si poteva far meglio e lo segnaleremo, per rendere più riconoscibile le nostre unità». Infine, questione autista: «Posso giustificarlo solo in parte con una paura ingiustificata dei precedenti, ma non abbiamo nulla da nascondere e dobbiamo comportarci in maniera corretta e gentile. E quindi il suo atteggiamento era fuori luogo. Non è di fatto un episodio particolarmente buono per l’associazione quello documentato nel video: c’è bisogno di più trasparenza. A volte c’è paura ma non può giustificare comportamenti del genere. Alle nostre scuse si accompagna una presa di coscienza: ci faremo carico di maggiore controllo. Qualità, sicurezza e trasparenza non possono mancare», conclude il presidente, una vita in Avis ma alla dirigenza nazionale da appena otto mesi.

Ancora più recente la carica del presidente regionale Campania, Raffaele Di Martino, presidente da appena 24 ore che si scusa, pure lui, ma rimanda alla direzione sanitaria cui afferisce l’unità mobile, l’Avis n. 5, e al suo responsabile, Raffaele Romano, medico in pensione che da poco (pure lui) è alla guida di quell'unità. Insomma, anni di esperienza nell’Avis per tutti ma novizi nelle cariche attuali, tutti. Ed è proprio «il braccio operativo», così come si definisce l’Avis n. 5, a giustificare l’accaduto sottolineando che una cosa sono «i vertici politici» (con riferimenti ai presidenti dell’associazione), un’altra è chi lavora sul territorio, stressato dalla vita di strada e anche dai giornalisti», come se fosse colpa dell’informazione e dei suoi operatori. «Non sto dicendo questo - aggiusta il tiro - ma bisogna capire che il lavorare per strada può portare anche a questo».



Dopo venti minuti di conversazione, e tanta tenacia, il direttore sanitario ammette che le informazioni del personale all’utenza devono essere corrette, che l’anonimato non può esistere né tantomeno essere giustificato da «grafiche in rifacimento» e che lo stress non giustifica proprio nulla.
Ma alla fine le scuse arrivano anche da loro (direttore sanitario ed ex direttrice sanitaria) con la promessa che «si cercherà di migliorare nell’interesse di tutti». Dell’Avis, soprattutto. 

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