Napoli, casa comunale al boss
accusato d'aver ucciso un innocente
Il questore: caso all'esame

Napoli, casa comunale al boss accusato d'aver ucciso un innocente Il questore: caso all'esame
di Daniela De Crescenzo
Venerdì 24 Marzo 2017, 14:38 - Ultimo agg. 25 Marzo, 09:21
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Quello di Davide Francescone è un nome che a Scampia conoscono tutti. Ed anche per questo il fatto che la sua famiglia sia riuscita a ottenere una casa dal Comune di Napoli, crea polemiche e imbarazzi. Francescone è accusato di essere uno degli assassini di Antnonio Landieri,  vittima innocente della faida di Scampia. Ma non solo.

Legato sentimentalmente alla nipote del capoclan Cesare Pagano  è accusato di essere stato uno dei quindici soci a cui anni fa era affidata la gestione dello spaccio alle Case dei Puffi, una delle più redditizie piazze della camorra. Negli archivi della Dda il suo nome compare in più di un fascicolo: risulta processato per i legami con il clan degli scissionisti e condannato a dieci anni di reclusione in Appello, con ricorso respinto dalla Cassazione nel 2014. Fu arrestato nel 2012 a Marano dai carabinieri dopo un periodo di latitanza e un tentativo rocambolesco di fuga.

«È una situazione che va approfondita, non posso fare una mia valutazione, spetta alle autorità giudiziarie». Così Antonio De Iesu, questore di Napoli, in merito alla vicende delle case popolari assegnate a malavitosi. La notizia è riportata dal quotidiano Il Mattino, che parla di almeno tre casi in cui famiglie di malavitosi hanno ottenuto l'assegnazione di abitazioni popolari grazie al meccanismo delle occupazioni abusive e della successiva sanatoria.

Dopo che i funzionari dell'ufficio casa non avevano voluto firmare, l'assegnazione è stata decisa dal dirigente del settore, dopo un parere dell'avvocatura comunale. «Se c'è stata l'assegnazione di case alla criminalità organizzata - ha affermato - occorre attendere provvedimenti. È chiaro che se le case sono state assegnate senza criterio a soggetti che non ne hanno i titoli, ci saranno dei risvolti».

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