Caso Fortuna. Marianna, la compagna
del presunto orco tenta il suicidio

Caso Fortuna. Marianna, la compagna del presunto orco tenta il suicidio
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 19 Maggio 2016, 19:19 - Ultimo agg. 20 Maggio, 08:55
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Clamoroso sviluppo nel caso Fortuna. La compagna del presunto orco, Marianna Fabozzi ha tentato il suicidio, poco dopo essere tornata in carcere a Pozzuoli, dopo la seconda seduta dell'incidente probatorio che si è svolta oggi presso il tribunale Napoli Nord di Aversa. Sono in corso accertamenti per chiarire la vicenda. A salvare la donna è stato il tempestivo intervento delle agenti della Polizia Penitenziaria. La Fabozzi si era rinchiusa nel bagno e ha tentato di impiccarsi,utilizzando un lenzuolo del suo letto come cappio.

La donna, che è anche la madre del piccolo Antonio Giglio e di tre delle bimbe violentate dal presunto orco Raimondo Caputo, è ora ricoverata presso il centro sanitario del carcere di Pozzuoli. Nei suoi confronti è stata disposta la misura precauzionale dell'isolamento: sarà guardata a vista dalle guardie carcerarie per evitare ulteriori tentativi di suicidio da parte della donna. Attualmente la Fabozzi è detenuta nel carcere di Pozzuoli, dallo scorso 4 maggio, quando il gip del Tribunale di Napoli Nord ha disposto l'aggravamento della custodia cautelare per violazione dei domiciliari, ai quali era stata posta per aver coperto gli abusi sessuali del compagno sulle sue tre figlie.

Oggi ha preso parte alla seconda seduta dell'incidente probatorio al tribunale di Napoli nord, ad Aversa (Caserta), nel corso del quale le sue tre figlie hanno testimoniato sull'omicidio di Fortuna. Nel corso delle deposizioni sono venute fuori divergenze sul ruolo della donna: l'ipotesi della famiglia Loffredo è che anche lei sia coinvolta.

«Dietro questo tentativo di suicidio ci possono essere tre cause - spiega Angelo Pisani, legale della famiglia della piccola Fortuna - o è un gesto di autolesionismo, a seguito delle denunce delle figlie; o ha capito che stiamo arrivando alla verità e ha paura che il compagno ceda. C'è poi la terza causa - conclude - vuole confondere ancora più le acque e giocarsi la carta dell'incapacità di intendere e di volere. In tutti i casi abbiamo il dovere di andare avanti e di non fermarci a Caputo e alla sua compagna».

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