Caso Mastursi, i pm: nessuna prova contro De Luca

Caso Mastursi, i pm: nessuna prova contro De Luca
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 24 Giugno 2016, 13:35 - Ultimo agg. 13:51
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Nessun elemento concreto in merito al ruolo di Vincenzo De Luca nei rapporti tra il suo ex capostaff Nello Mastursi e l'avvocato Guglielmo Manna. Sì, d'accordo, ci sono stati sms e contatti tra il suo ex braccio destro e l'aspirante dirigente della sanità campana (nonché marito del giudice del caso De Luca nella vicenda della sospensione per la Severino), ma si tratta di contatti in cui non c'è traccia di elementi concreti riconducibili al governatore. E ancora: in linea teorica, ma solo in linea teorica, Mastursi potrebbe aver informato il governatore del pressing di Manna per ottenere un posto in Regione, in cambio di una sentenza favorevole a firma della moglie giudice, ma dalle indagini non è emerso nulla di concreto.

Quanto basta a spingere i pm della Procura di Roma a firmare la richiesta di archiviazione in favore di Vincenzo De Luca, chiudendo un caso che pochi mesi fa aveva rappresentato il primo scossone sulla tenuta della nuova giunta regionale. Ma andiamo con ordine, a partire dalla richiesta firmata dai pm Corrado Fasanelli e Giorgio Orano, entrambi magistrati in forza alla Procura romana di Giovanni Pignatone: in due pagine, l'ufficio inquirente sintetizza il ruolo svolto da ciascun indagato, soffermandosi in particolare sulla posizione dell'avvocato Giuseppe Vetrano, che avrebbe accompagnato Guglielmo Manna nell'ufficio regionale di Mastursi in una fase in cui il caso De Luca (con la possibilità di una sospensione del governatore per la legge Severino) era ancora in discussione ai piani alti del Tribunale civile e in particolare nella sezione dove lavorava la moglie di Manna, il giudice Anna Scognamiglio. Stando alla ricostruzione fatta nella richiesta di archiviazione in favore di De Luca, i due magistrati non sembrano nutrire dubbi sul pressing organizzato dal gruppo riconducibile a Vetrano e Manna, mentre lo scenario diventa privo di consistenza quando si affronta la posizione del governatore. Inchiesta per corruzione in atti giudiziari (poi derubricata in induzione indebita a promettere utilità), rischiano una richiesta di processo l'ex capostaff del governatore Mastursi, l'avvocato Giuseppe Vetrano (in passato sostenitore di De Luca nella zona di Avellino), l'avvocato Gianfranco Brancaccio (che avrebbe stabilito un contatto tra Manna e Vetrano), Giorgio Poziello, e la coppia di coniugi Manna e il giudice Scognamiglio (quest'ultima trasferita a Napoli nord).

Scrivono oggi i pm: «Le intercettazioni telefoniche hanno captato in data 16 luglio 2015 (il giorno prima dell'udienza del caso De Luca in Tribunale), la definizione dell'accordo, suggellata da un inevitabile scambio di sms tra Mastursi, Vetrano, Brancaccio e Manna, che ha scatenato la gioia di quest'ultimo, sicuro ormai di aver raggiunto il suo più vecchio e ambizioso obiettivo». Poi, nelle settimane successive, viene monitorata l'attesa della «ricompensa» da parte di Manna, fino all'incontro della coppia Vetrano-Manna nell'ufficio di Mastursi, lo scorso tre agosto. Difesi dai penalisti Francesco Cedrangolo, Giovan Battista Vignola e Bruno Von Arx, Manna e Scognamiglio puntano a dimostrare la correttezza della propria condotta nel corso del procedimento; stesso atteggiamento da parte degli altri indagati.
Ma torniamo a De Luca. Scrivono i pm: «De Luca non risulta aver mai incontrato o parlato con il Manna, il Brancaccio o il Poziello; non sono state intercettate in cui De Luca parli o alluda alla vicenda in oggetto; né risulta che abbia mai adottato o predisposto provvedimenti in favore di Manna».

Al di là dei fatti, si entra nel campo delle possibilità solo teoriche: «Non si esclude che la promessa di Mastursi, sancita dall'invio dell'sms la sera del 16 luglio al Vetrano, sia stata avallata dal De Luca in un colloquio col Mastursi, nel pomeriggio del 16 luglio, quando i due erano entrambi a Napoli presso gli uffici della Regione: evenienza su cui non si è avuto alcun riscontro probatorio, al punto tale da imporre la richiesta di archiviazione».