«Un uomo senza lavoro è un uomo senza dignità - scrive sui social il pizzaiolo Ciro Salvo, di 50 Kalò - Per questo voglio riaprire». A ridosso della Pasqua, si apre lo scontro sul food delivery. La pizza è vietata solo a Napoli e in Campania. E fioccano le richieste di una trattativa con la Regione per riattivare la filiera del cibo d'asporto, la cui chiusura totale, dettata a inizio emergenza dal governatore per evitare la diffusione del contagio, è stata poi ribadita in un'ordinanza regionale del 28 marzo.
Daniele Contini, country manager di Just Eat Italia, illustra la situazione durante la crisi del Covid: «In un momento di difficoltà - dice - il delivery è uno strumento importante per supportare i ristoratori. Abbiamo realizzato un sondaggio a campione su 30mila nostri clienti, e il 90% di loro ha dichiarato essenziale oggi il food delivery. Abbiamo implementato la consegna contactless: il cibo cioè viene lasciato fuori alla porta. I nostri rider hanno guanti e mascherine, e abbiamo previsto supporto economico per chi di loro va in quarantena». E sulla situazione a Napoli? «Siamo favorevoli e pronti a una ripresa delle consegne in Campania - sottolinea - Le restrizioni variano da zona a zona, ma in tutte le altre regioni il delivery è consentito. Abbiamo fatto consegne gratis solidali al personale del Sacco di Milano, al Niguarda e alle famiglie bisognose. Lo avremmo fatto con piacere anche a Napoli, ma è tutto fermo». «Il delivery è un valido supporto per chi si trova in casa, per il cibo e per altre esigenze quotidiane - dichiara Glovo - Nel rispetto delle normative nazionali e regionali garantiamo la consegna in sicurezza di prodotti di spesa e farmaci da banco ai napoletani».
Confcommercio e Confesercenti chiedono un confronto. Questo è il tema della lettera inviata ieri da Fipe in Regione: «A un mese dall'inizio del lockdown serve un percorso condiviso per riattivare in sicurezza la consegna a domicilio che nelle altre regioni è consentita», dicono Pasquale Russo e Massimo Di Porzio di Confcommercio Campania. «Chiediamo equità con il resto d'Italia - chiarisce Vincenzo Schiavo, presidente Confesercenti Campania - Contiamo 10mila imprese che hanno facoltà, tra pizzerie e ristoranti, di fare cibo da asporto: in un mese hanno perso 100 milioni di fatturato e sono vicine al tracollo». Segnali anche dal mondo dell'artigianato e del turismo: «Alla luce dei dati positivi che arrivano dalla protezione civile - dice Antonino Della Notte, presidente di Aicast - oggi chiederemo un urgente incontro a De Luca per concordare la graduale riapertura delle attività chiuse».
«A New York e Miami siamo chiusi, ma a Tokyo il mio locale è aperto al pubblico - commenta Gino Sorbillo, vip della pizza napoletana - A Milano e Roma siamo aperti con il delivery, e nei prossimi giorni aprirò anche a Genova. In questo modo riusciamo a coprire le spese e teniamo viva la produzione dei prodotti caseari, che qui è ferma. Riaprirei sul Lungomare, per consegnare a Chiaia e ai Tribunali, dove ci sono molti anziani e studenti». «Ci viene imposto di restare a casa con 150 dipendenti - dice Enrico Schettino di Giappo - Un danno economico enorme che ci svantaggia rispetto ad aziende che in altre regioni stanno fatturando migliaia di euro».
Non si sposta, almeno per ora, la posizione della Regione: «Pasticcerie e ristoranti sono stati chiusi da Conte - spiegano dalla presidenza di Palazzo Santa Lucia - La nostra interpretazione del dpcm è questa. E resta tale per il momento. Valuteremo le richieste di confronto al più presto possibile ma non si torna indietro sull'ordinanza. A Pasqua le consegne affollerebbero le strade. Nel Piano abbiamo previsto sussidi per le attività chiuse che altrove non sono previste. Anche noi vogliamo riaprire prima possibile, ma non bisogna mettere a rischio i sacrifici fatti finora». «Credo che il cibo a domicilio poteva essere garantito - ha detto il sindaco de Magistris ieri a La7 - Non mette in pericolo nulla, De Luca ha fatto un po' di confusione.