Coronavirus a Napoli: «Noi, nel Covid residence per salvare i nostri cari»

Coronavirus a Napoli: «Noi, nel Covid residence per salvare i nostri cari»
di Melina Chiapparino
Sabato 24 Ottobre 2020, 08:26
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«Mi manca la mia famiglia ma stare qui, significa proteggerla». Cinzia Guerra, l'ha pensato fin dal primo momento in cui ha messo piede al Covid Residence, la struttura multipiano aperta mercoledì scorso, a pochi passi dall'Ospedale del Mare. La 56enne napoletana, è una delle prime ospiti della residenza riservata all'accoglienza dei pazienti Covid asintomatici che non hanno la possibilità di condurre l'isolamento domiciliare in sicurezza. «Vivo con il mio compagno in un appartamento di piccole dimensioni e ho due figli, per cui sarebbe stato complicato convivere ed evitare il rischio del contagio» spiega la donna che, per il momento, ha una sola coinquilina nel residence, Salomè, 41enne georgiana dimessa dal Cotugno. La palazzina, composta da quattro piani e dall'area di ingresso che ricorda una reception d'albergo, offre l'opportunità di alloggiare in stanze dotate di ogni comfort con il costante monitoraggio del personale infermieristico fino alla dimissione dei pazienti che una volta risultati negativi al tampone, potranno tornare a casa.

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IL RESIDENCE
L'edificio che dispone di 84 stanze, ciascuna delle quali dotate di due posti letto, era stato costruito per l'ospedale del Mare che, inizialmente, prevedeva la presenza di un albergo destinato ai parenti dei pazienti. Nel giro di una settimana, la palazzina che fino a oggi era rimasta inutilizzata, è stata attrezzata e convertita nel Covid Residence attraverso i fondi regionali della Campania destinati all'emergenza Covid. L'impressione quando si cammina per i corridoi con le porte in legno o si entra nella cabina doccia, è di stare in è di stare in hotel. «Sembra una stanza d'albergo perché è ampia con la tv, il wi-fi e il bagno privato e accessoriato - racconta Cinzia - c'è il servizio di biancheria con il cambio delle lenzuola e la pulizia quotidiana, oltre al vitto».

Ogni piano, è composto da 26 stanze tutte con bagno privato, di cui 5 dedicate al personale e ogni camera può ospitare due persone, in previsione della presenza di un congiunto stretto oppure un convivente, chiaramente positivo al Covid e asintomatico.


L'ASSISTENZA
«Ogni mattina, vengo visitata dall'infermiere che rileva la temperatura, la frequenza cardiaca, la pressione e la saturazione» spiega Cinzia che come prevede il protocollo per gli ospiti del residence, viene costantemente monitorata e i suoi dati, inseriti all'interno della piattaforma informatica che mette in rete i medici di base e l'Asl Napoli 1 centro. «Ho scoperto di essere positiva mentre ero ricoverata all'ospedale San Paolo per un piccolo intervento ma fin dall'inizio ho avuto sintomi lievi- chiarisce la donna- ora mi sento debole e con dolori articolari in tutto il corpo, oltre all'inappetenza ma non ho perso gusto e olfatto». Per la 56enne, al terzo giorno di permanenza, così come per tutti gli ospiti, l'eventualità di sottoporsi a cure è competenza del medico di base e l'assistenza nel residence, è esclusivamente di tipo infermieristico e non medico. Se le condizioni di salute degli ospiti dovessero aggravarsi, è previsto l'intervento del 118 su chiamata del personale del residence.


L'ASL
Il Covid residence è destinato ai pazienti, ricoverati in ospedale ma guariti dai sintomi e ancora positivi al virus oppure risultati positivi asintomatici sebbene si trovassero in ospedale per altri motivi. Infine, c'è anche chi non può isolarsi in casa, per paura di contagiare i familiari o per mancanza di spazio sufficiente e, in questo caso, sarà il medico di base a richiedere la permanenza nella residenza sanitaria di Ponticelli. L'obiettivo è «abbassare il rischio del contagio e aumentare la disponibilità dei posti letto» come spiega Ciro Verdoliva, direttore generale dell'Asl Napoli 1 centro che considera il Covid Residence uno strumento di decompressione del sistema sanitario. «In questo modo si evitano focolai familiari e isolamenti inadeguati, oltre a liberare posti letto negli ospedali offrendo un'assistenza più adeguata a chi non ha sintomi».

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