Cure ai disabili a Napoli
ultime ore per evitare lo stop

Cure ai disabili a Napoli ultime ore per evitare lo stop
di Mariagiovanna Capone
Domenica 16 Ottobre 2016, 15:52
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Può sembrare assurdo, ma da domani ci saranno circa 500 anziani e 300 disabili che non potranno più ricevere cure quotidiane, non andranno a scuola, non avranno chi l'imboccherà durante i pasti e non comunicheranno più con il mondo esterno. Dietro i tagli al welfare ci sono storie di uomini e donne, di bambini e vecchi. Storie di persone che diversamente da noi non avranno più diritto a servizi essenziali per sentirsi cittadini, esseri umani, parte della società. Una sensazione che molti hanno già vissuto in passato e che da domani torna a far parte della loro vita fragile. Storie che nessuno vuole ascoltare, volti che nessuno vuole vedere. Di persone che torneranno a essere invisibili.

«Abbiamo perso. Siamo sconfitti. I più deboli e poveri sono sconfitti». Toni Nocchetti, presidente di Tutti a scuola, onlus che si prende cura dei diritti dei disabili che vanno a scuola, ha poca voglia di parlare e fa fatica a ripetere quello che da agosto andava ipotizzando come «eventualità» e che ora rappresenta «una triste e amara realtà». Dei 1.108 tra anziani e disabili che favoriscono dell'Assistenza domiciliare socio-assistenziale (ADSA), circa trecento (della VIII e IX Municipalità) godranno di qualche giorno in più ma solo perché la deroga di agosto, nel loro caso, fu firmata in ritardo. Poi anche loro finiranno nel limbo dei dimenticati, «ma forse è meglio parlare di abbandonati, perché per un periodo l'amministrazione comunale si è presa cura di loro. Ora non vuole più farlo».
Al fianco degli assistiti ci sono gli operatori sociali, anche loro nel limbo dei dimenticati. La telefonata tanto attesa da Sergio D'Angelo di Gesco, che avrebbe permesso una nuova proroga, non è arrivata. «E non arriverà, ne sono certo ormai» aggiunge Nocchetti. «Le posizioni del Comune sul sociale sono chiare: Napoli Sociale sarà convertita perdendo circa il 25 per cento dei lavoratori. I soldi non bastano per tutti, non ci sono risorse. Quindi via, tagliati un centinaio di posti di lavoro con un colpo di forbice. A questi si devono aggiungere i 108 Osa, Operatori socio-assistenziali impiegati in diverse cooperative che si curavano di disabili delle materne e superiori». Una «linea politica chiara: non vogliono confermarli. Se anche arrivassero risorse economiche sufficienti (ma non ci sono e non ci saranno), questi ultimi non li confermerebbero ugualmente perché nella logica dell'amministrazione comunale sono una cooperativa esterna, in concorrenza con Napoli Sociale. Mi rivolgo a loro: cercate un altro lavoro, se ne avete la possibilità. Perché non vi aiuteranno, siete già stati dimenticati».

Il tono si fa sempre più drammatico nel momento in cui il pensiero va a domani mattina, quando «Giulia, Francesco, Gaia, Giovanna e tutti gli altri non godranno di quelle poche ore a settimana che li avvicinava al mondo della società civile. Ora saranno più soli, chiusi in casa, senza istruzione, senza una mano che li aiuti a casa».

Nocchetti parla poi di «telefonate rassicuranti intercorse prima delle elezioni con l'assessore al Welfare Roberta Gaeta» e poi di «appuntamenti mai fissati dopo l'insediamento della nuova giunta seppure promessi. La verità è che aveva già deciso da prima di tagliare. Ho chiesto incontri: mai accettati. Ho chiesto di sapere in dettaglio i fondi stanziati nel bilancio provvisorio: mai ricevuti. Ho chiesto chiarimenti sull'ultima delibera (che è solo una presa in giro): mai inviati. Solo silenzio dall'altra parte, non solo a me ma anche a interlocutori più autorevoli, è il segno evidente che questa amministrazione sta tagliando sul sociale, con una logica che precarizzerà tutto piano piano perché vuole deresponsabilizzarsi». Nocchetti si rivolge poi provocatoriamente ai genitori di bambini disabili: «Emigrate in Trentino Alto Adige. Lì i vostri figli avranno servizi, assistenza, diritto allo studio, terapie e quanto occorre per rendergli la vita dignitosa. Da tre anni ci vive una famiglia napoletana e mi raccontano le cose straordinarie che il figlio autistico impara a scuola, e del lavoro che gli sarà affidato dopo il diploma. Quello è il Paese dei diritti in cui tutti dovremmo vivere. Non qui dove i diritti sono calpestati. L'Italia non è un Paese uguale per tutti».