Dalla cima della «Torre Eiffel 2.0»
le ferite di Chiaia solo piccoli segni

Dalla cima della «Torre Eiffel 2.0» le ferite di Chiaia solo piccoli segni
di Pietro Treccagnoli
Giovedì 8 Dicembre 2016, 11:04 - Ultimo agg. 15:29
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Dal cuore di Nalbero, con il vento pungente che arriva da mare e da terra, tutte le polemiche che hanno preceduto l’innalzamento della struttura tocca metterle tra parentesi. Napule è di mille luci. Il golfo fa brillare lontano Capri e tutta la penisola sorrentina. La città, più ruffiana che mai, costringe a tacere per la sua bellezza notturna, struggente e segreta. Figuriamoci allora che cosa potrà essere di giorno, quando Napule sarà ‘e mille culure. Da quassù, da 45 metri, tutte le cicatrici e le ferite di Chiaia potranno diventare solo dei piccoli segni, degli ideogrammi molesti, possono essere trascurati per godersi le emozioni che solo una città lazzara e aristocratica sa regalare e profondere a piene mani, mescolando, è il caso di dirlo, alto e basso.

I napoletani e i turisti dovranno aspettare fino a sabato per poter salire fino in cima alla torre natalizia, a questa Eiffel 2.0 spuntata nel bel mezzo della Rotonda Diaz, fianco a fianco al monumento equestre impacchettato per Monumentando. Ieri sera c’è stata la presentazione ufficiale, perché Nalbero che resterà fino all’8 marzo, al tempo delle mimose, doveva aprire stamattina, all’Immacolata. Però, nonostante i 18 giorni di intenso lavoro (80-85 operai al lavoro in media, con punte di 250) non si è riusciti a rispettare la scadenza. Restano ancora dei dettagli da mettere a punto. Mentre la processione dei giornalisti e degli operatori, a seguito del sindaco Luigi de Magistris, sfilava lungo la zona visitabile erano ancora a lavoro dei caschi gialli, portavano e spostavano vasi con le piante o sistemavano qualche cavo.

Sia all’interno che all’esterno l’effetto di Nalbero è, a onor del vero, poco natalizio. Ovvero è meno luminoso e meno verde di quanto s’era visto nelle anticipazioni dei rendering. Anche ad ammirarlo da lontano, da Mergellina o da piazza Vittoria di autenticamente brillante spicca giusto la punta. Insomma, non è invasivo come si temeva, non è pacchiano come i critici antemarcia avevano pronosticato e paventato. Non è un pugno nell’occhio, tutt’altro. Fa specie di più la solita sagra paesana, fatta di furgoncini di porchetta appostati a pochi metri. Ma dalla cima possono diventare dei puntini. Nalbero dovrà mostrare, secondo le intenzioni dei promotori, anche la sua ardita natura ingegneristica. È l’albero visitabile più alto che sia mai stato realizzato al mondo.

E a risalire le scale, puntando lo sguardo in lato, nel cuore dei rami metallici, l’effetto Escher è inevitabile: un intrico di tubi che fa pensare alle incisioni spiazzanti del maestro olandese o a un videogioco-rompicapo, pipeline style. Però a stupire di più è quanto si vede fuori: il panorama a trecentosessanta gradi, da Posillipo a Punta Campanella, con il Vesuvio che spunta dietro Pizzofalcone, Castel dell’Ovo purtroppo non illuminato, e poi la Tavola Strozzi contemporanea del Vomero su cui svettano la Certosa di San Martino, Sant’Elmo e, più a sinistra, la Floridiana. Brilla come uno spot Sant’Antonio a Posillipo.

Sotto si allarga Mappatella Beach che il freddo solitario di dicembre fa somigliare a uno scatto di Wim Wenders. Insomma a qualche decina di metri dal suolo e dal livello del mare ci si può sbizzarrire e tenere lo smartphone pronto per il selfie. La cartolina eterna che da sola basterebbe ed è bastata per secoli, ma che ora conquista un altro temporaneo punto di vista, spettacolare come sa essere spettacolare Napoli, e diventa un grande atout quando si è seduti a uno dei tavoli del ristorante al primo piano.

Il giorno dell’accensione e dell’accensione, dell’anteprima, del vernissage, ha visto attorno alle istituzioni, oltre alla stampa, solo una piccola folla di curiosi stakanovisti di tutte le età che non hanno lesinato un applauso al sindaco quando ha premuto il pulsante, dopo il più classico dei conti alla rovescia, mentre una scia di bolle di sapone riempiva l’aria. Cerimonia tutto sommato sobria, di pochi minuti, giusto per non bucare l’appuntamento annunciato. Anche i negozi della zona commerciale (vari generi di conforto, dolci, abbigliamento, libri) erano ancora alle prese con l’allestimento e si sono guadagnati solo un’occhiata frettolosa. Di fatto Nalbero resta una sfida e una scommessa. È l’ennesimo modo di DeMa di alzare l’asticella di una prospettiva sempre più popolare del Lungomare, il più forte, visibile e sponsorizzato intervento nell’urbanistica e nell’uso della città compiuto dalla sua amministrazione.

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