Droghe e minori, prevenzione al palo: «Politiche vecchie di vent'anni»

Droghe e minori, prevenzione al palo: «Politiche vecchie di vent'anni»
di Ettore Mautone
Sabato 5 Agosto 2017, 08:34 - Ultimo agg. 23:16
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Sono completamente da rifondare, in Italia, le politiche di prevenzione dalle vecchie e nuove droghe. È questo il capitolo più spinoso del rapporto 2017 sulle tossicodipendenze pubblicato ieri dal Mattino e che ha messo in luce anche il drammatico boom di ricoveri legato all’uso di stupefacenti. Da anni l’unico freno all’organizzatissima e potente macchina criminale che introduce a ritmo incessante sul mercato nuove sostanze, è la repressione. Gli uncini per i ragazzi spuntano sempre più presto, sin dagli anni delle elementari, incidendo tracce spesso indelebili, nel tessuto cerebrale degli adolescenti nel periodo di massima vulnerabilità.

Che si tratti della cannabis o dei suoi figli degeneri (i tossici e potenti derivati chiamati spice), che si parli dell’ecstasy, che si voglia analizzare la natura degli anestetici mancati come la ketamina o le peculiarità tossiche delle altre anfetamine, che si volga lo sguardo alle nuove pericolose sostanze psicoattive o ci si ancori ad alcol e cocaina, ovvero infine si ripieghi sulla vecchia morfina anticamera dell’immortale eroina, i Sert (i vecchi servizi per le tossicodipendenze delle Asl) per quanto capillarmente diffusi e articolati sul territorio nazionale, sono inadeguati. Pur poggiati su valide equipe multidisciplinari formate da psicologi, tossicologi, psichiatri, assistenti sociali e infermieri specializzati, sono pensati per un’epoca ormai tramontata e, fatta eccezione per la riduzione del danno da alcol ed eroina, contro tutto il resto del mondo degli stupefacenti hanno le armi spuntate. “L’unica innovazione, a distanza di 27 anni dall’ultima legge n. 309 del 1990 – avverte Luigi Stella presidente della Società italiana tossicodipendenze, farmacologo e tossicologo direttore del Sert di Somma Vesuviana – è stata la “D” di dipendenza aggiunta alla fine della parola Sert.

Un tempo era un’ottima legge ma oggi è obsoleta e va rivista. Ad avere le idee chiare c’è anche Giovanni Serpelloni, professore al dipartimento di Psichiatria dell’Università della Florida: «la risposta alle dipendenze in Italia ancora oggi utilizza strategie e modelli di oltre 20 anni fa quando il fenomeno presentava caratteristiche ben diverse. Anche le conoscenze scientifiche erano basate più sull’osservazione clinica che sulle ricerche in neuroscienze. Le strutture non sono evolute su nuovi modelli di risposta scientificamente orientati. La prevenzione è rimasta al palo e nonostante i meritevoli sforzi di tanti operatori spesso gli unici interventi sono di tipo informativo. Ora sappiamo, dalla genetica e dall’epigenetica, che vi sono condizioni di vulnerabilità allo sviluppo delle dipendenze, che possono essere individuate molto precocemente (tra i 4-8 anni) e disturbi comportamentali con la sola osservazione specialistica possono individuare un rischio futuro di suscettibilità.

La dipendenza dalla droga è una vera malattia del cervello.

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