Le Ferrovie Eav ad alto rischio: viaggi a 10 all'ora

Le Ferrovie Eav ad alto rischio: viaggi a 10 all'ora
di ​Francesco Gravetti
Giovedì 14 Luglio 2016, 10:12 - Ultimo agg. 13:54
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Alberi che si affacciano sui binari, siepi che nascondono la segnaletica, tratti di rete ferroviaria così fatiscenti da rendere necessario il rallentamento fino a 10 chilometri all’ora. E ancora: intere linee col binario unico e gestite con il cosiddetto «blocco telefonico», cioè con la comunicazione tra capotreno e capostazione affidata al solo telefono. Treni nuovi ma pericolosi, il cui rischio di deragliamento è stato certificato persino da relazioni tecniche. Treni vecchissimi: basta un nulla e vanno in fiamme. Ma anche sistemi di controllo all’avanguardia, alcuni realizzati più di trent’anni fa e studiati persino dai giapponesi. Circumvesuviana, Cumana e Circumflegrea anche nel caso della sicurezza palesano tutte le loro contraddizioni: da un lato una tecnologia che consente al pendolare di mettersi in viaggio con relativa serenità, dall’altro lato carenze strutturali che rappresentano il classico pericolo dietro l’angolo, la spada pronta a colpirti quando meno te lo aspetti. Colpa soprattutto di una crisi economica che blocca investimenti concreti e costringe a una manutenzione ballerina, portata avanti a tratti e mai davvero completata. Insomma a Napoli come in Puglia, stragi sfiorate, rischi dietro ogni angolo: La Cirmcumflegrea l’esempio più calzante, dunziona esattamente come i due treni della strage di martedì.

La curva killer
Da un paio di settimane i macchinisti della Circumvesuviana si rifiutano di viaggiare da soli sulla tratta che va dal terminal di Porta Nolana alla fermata di San Giorgio, via Centro direzionale. Vogliono il capotreno vicino, dicono che è troppo pericoloso avventurarsi lungo quei pochi chilometri percorsi ogni giorno da migliaia di persone. Del resto, c’è un precedente tragico: il 6 agosto del 2010 un MetroStar, il treno di ultima generazione, deragliò provocando due morti e 58 feriti. Ha pagato una sola persona per quel disastro: il macchinista, appunto, condannato a tre anni di reclusione. E nella sua requisitoria, persino il pm ha fatto esplicito riferimento alle insidie di quella tratta, così notoriamente pericolosa che il macchinista avrebbe dovuto saperlo e rallentare, stare attento. L’errore umano, appunto. L’attimo di distrazione che può provocare morti e feriti. Nel caso della tragedia del 2010 fu un mix: alla curva pericolosa si aggiunse il treno poco affidabile. Proprio nel corso del processo, infatti, è spuntata una relazione tecnica del giugno del 2010, due mesi prima dell’incidente, con la quale veniva messa sotto accusa l’affidabilità dei nuovi Etr. Una strage annunciata, insomma: è bastata una distrazione ed il guaio è stato fatto. L’errore umano. Ecco perché ora i macchinisti non vogliono più percorrere quel tratto da soli e hanno ingaggiato un braccio di ferro con l’Eav, che sta contestando la protesta, ritenendola illegittima.

Il costone
Da quando c’è stato l’incidente, comunque, lungo quella tratta, da solo o in compagnia, il macchinista è obbligato ad andare a 35 chilometri all’ora. Per intenderci: un treno della Circumvesuviana viaggia anche a 90 chilometri. Chi lo guida, dunque, mentre percorre la curva del Pascone deve andare piano. Ma ci sono altre zone della rete in cui il conducente deve andare addirittura pianissimo, anche 20 chilometri orari. È il caso del costone di Castellammare: il 22 gennaio del 2009 un albero, staccatosi dal costone prospiciente la linea, finì sulla linea aerea e da lì, penzolando, colpì il convoglio in transito all’altezza della stazione di Castellammare Terme, andando a colpire la cabina di guida. Macchinista e capotreno rimasero incastrati nelle lamiere, liberati dai vigili del fuoco. Da allora, per evitare vibrazioni che possano provocare altre frane, su quella tratta si va a 20 chilometri, così come sul ponte di Seiano, dove però i lavori di manutenzione sono quasi terminati. E a proposito di vegetazione, vi sono alcune zone dove è così folta che la segnaletica viene del tutto oscurata: il treno si fa strada lungo sterpaglie e fogliame, a volte finisce con il modellare la siepe, disegnare una sagoma. Il sistema elettronico di sicurezza mette al riparo il macchinista da errori derivanti dalla mancata osservazione del segnale. E tuttavia, se dovesse capitare un incidente, fare scendere i viaggiatori diventerebbe un’impresa: finirebbero dritti nel bosco. Per non parlare, poi, della malaugurata ipotesi di un incendio, purtroppo abbastanza frequente nel caso dei treni vetusti della Circumvesuviana: la vegetazione circostante sarebbe subito interessata, l’inferno di fuoco sarebbe assicurato. Il problema della manutenzione del fogliame si presenta soprattutto sulla linea Nola–Baiano, dove abbondano i noccioleti: in Eav, in realtà, la potatura avviene ogni volta che è possibile, ma la scarsa disponibilità di fondi costringe anche a lunghe pause. E nel frattempo la vegetazione cresce.

Il binario unico
In Circumvesuviana il viaggio del treno sul binario unico è protetto da un sistema di sicurezza, detto Atp (automatic train protection) che mette al riparo da eventuali pericoli. È, in pratica, una frenata automatica del treno che fa il paio con quella manuale del conducente. L’Atp fu introdotto nel 1979 in seguito ad un altro tragico incidente, avvenuto a Cercola: uno scontro frontale tra due treni che causò 14 morti e 70 feriti. Era luglio. A dicembre di quello stesso anno un vagone tamponò un convoglio fermo sul viadotto di Seiano, provocando 100 feriti. Si decise, così, di dotarsi di un sistema all’avanguardia, al punto che all’epoca fu studiato da una azienda ferroviaria giapponese, i cui ingegneri vennero in Circum per esportare il modello nel Sol Levante. Le tratte a binario unico, comunque, restano moltissime, circa il 70% dell’intera rete: da Pompei Villa dei Misteri a Sorrento, da Scisciano a Baiano, da Cercola ad Ottaviano, da Boscotrecase a Poggiomarino. Ben diversa è la situazione dalle parti della Sepsa, lato Circumflegrea. Qui il binario unico e il blocco telefonico, cioè il procedimento manuale di chiamata tra il capotreno e il capostazione, ancora resistono. Proprio come nella ferrovia dell’incidente in Puglia. Ci sono stazioni di interscambio, dove effettuare incroci di treni, ma la responsabilità dell’uomo è preponderante rispetto alla tecnologia. Bisogna stare attenti, evitare distrazioni: da Montesanto a Licola tutto è in mano al personale e alla loro esperienza.

I rallentamenti
Del resto, anche in Sepsa non mancano binari vecchissimi e malandati. Anzi, qui i rallentamenti arrivano fino a 10 chilometri all’ora: praticamente il treno procede a passo d’uomo. Accade, per esempio, nel tratto tra la stazione di Gerolomini e quella di Pozzuoli (Cumana) oppure tra Pianura a Quarto (Circumflegrea). La cautela è d’obbligo perché la rete ferroviaria in quei tratti è troppo fatiscente: una velocità elevata potrebbe portare a sollecitazioni eccessive. Ma anche stavolta tutto è affidato all’esperienza dell’uomo, al suo buon senso: nessuno è in grado di fermare un macchinista che, per qualche assurda ragione, dovesse decidere di aumentare la velocità oltre il limite consentito. Peraltro, anche la Sepsa può annoverare un precedente recente che solo per un caso non si trasformò in tragedia: il 17 febbraio mentre il convoglio della Cumana si accingeva ad entrare nella stazione di Torregaveta uscì dai binari impattando contro un palo in cemento della rete elettrica. Pochi i passeggeri a bordo: erano le 7. Una donna, ferita ad una gamba, finì in ospedale. Anche in quel caso finì sotto accusa la rete, ma si parlò anche di un pezzo che si staccò dal treno, evidentemente troppo vecchio. E anche sulla rete Sepsa non manca la folta vegetazione che rende tutte le manovre più difficili: tra le fermate di Grotta del Sole e Licola, per esempio, il treno deve spesso farsi largo tra foglie e arbusti.

Senza barriere
Al campionario di pericoli e allarme dell’intera rete Eav, bisogna aggiungere un’altra sigla famigerata: “Soa”. Vuol dire “segnalatori ottici e acustici”, significa passaggi a livello senza barriere. Non senza personale, attenzione: quelli sono tantissimi e funzionano in automatico, ma il sistema elettronico consente a chi sta sul treno di accorgersi quando non si abbassano le sbarre e quindi di adottare tutte le precauzioni del caso. I “Soa” non hanno le sbarre, hanno soltanto un allarme acustico e una lucina rossa che avverte quando il treno è in transito. Sulle linee della Circumvesuviana sono una dozzina: erano più di trenta fino a qualche anno fa. Sono sparsi lungo tutta la rete ed hanno anche mietuto vittime. Emblematico e per certi versi assurdo il caso del 31 agosto del 2013, quando morirono tre persone in due incidenti diversi, tutti lo stesso giorno. Tra Somma Vesuviana e Ottaviano persero la vita due sorelle, che vivevano proprio da quelle parti ed erano abituate al passaggio a livello senza barriere ma lo stesso attraversarono i binari con l’auto mentre il treno passava. Era mattina. Poche ore dopo, nel tardo pomeriggio, un anziano morì travolto dal convoglio in corsa, tra Poggiomarino e Boscoreale, all’altezza di Cangiani. Una coincidenza paradossale che, tuttavia, è lo specchio delle difficoltà della rete ferroviaria di Circumvesuviana, Cumana e Circumflegrea, vecchia ma soprattutto articolata e complessa: ogni corsa è potenzialmente sicura e priva di insidie ma può comunque trasformarsi in un incubo, se qualcosa va storto.
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