False demolizioni, licenze facili e appalti: ​choc a Procida,
arrestato il capo dei vigili urbani

False demolizioni, licenze facili e appalti: choc a Procida, arrestato il capo dei vigili urbani
di Paola Perez
Sabato 23 Gennaio 2016, 08:56 - Ultimo agg. 12:04
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Per raccontare il «sistema», questa volta, conviene partire dalla base. Dai vigili urbani in servizio sull’isola di Procida, divisi tra buoni e cattivi, o come li definisce la Procura fedelissimi e dissenzienti: i primi premiati con straordinari e indennità di missione, i secondi puniti a colpi di mobbing e dossieraggio. Cosa faceva la differenza tra i due gruppi? Semplice: essere o meno al fianco del loro comandante quando quest’ultimo manovrava a suo piacere la cosa pubblica. Nel calderone finiva un po’ di tutto. Ritocchi alle pratiche sulla demolizione di abusi edilizi, affidamento di lavori alle ditte amiche, omissione di controlli in cambio di assunzioni, e perfino l’incasso dei diritti di segreteria per l’area marina protetta Regno di Nettuno. Un vero e proprio feudo gestito in modo personalistico, scrive ancora il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino (sezione reati contro la pubblica amministrazione). Un castello che crolla sotto il peso di tre ordinanze cautelari firmate dal gip Emilia Di Palma, a conclusione delle indagini svolte dai carabinieri della compagnia di Ischia e della stazione di Procida. Arresti domiciliari per il capo della polizia municipale colonnello Giuseppe Antonio Trotta, e per la sua collaboratrice Maria Grazia Costagliola di Polidoro, che rispondono di falso in atto pubblico, calunnia, peculato e corruzione; divieto di dimora per Ciro Coppola, amministratore unico dello stabilimento Paco Beach, al quale viene contestato il reato di corruzione e falso in atto pubblico.

Il colonnello, sostiene la Procura, aveva come principale bacino di intervento le demolizioni di strutture abusive. Le procedure esecutive, o «R.e.s.a.», erano disposte dalla Procura generale e affidate alle cure dei vigili urbani. Ma a volte si creavano intoppi che impedivano di buttar giù le opere fuorilegge (vedi problemi statici degli edifici vicini), in altri casi l’abbattimento veniva certificato ma non portato a termine. Documenti portati alla firma dell’allora sindaco Vincenzo Capezzuto, estraneo all’imbroglio, e con maestria: le cose venivano sistemate in modo tale che, se il trucco fosse stato scoperto, la responsabilità sarebbe ricaduta sul primo cittadino. Basta leggere un passaggio di una conversazione tra Trotta e Costagliola, a proposito dei passaggi da mettere a verbale: «L’abbattimento non è stato possibile per cause tecniche»; «E il sindaco?»; «Ce lo porti a firmare. Cause tecniche atte a scongiurare...come possiamo dire?» «Di stabilizzazione di questo fabbricato?»; «Problematiche statiche per le strutture circostanti».
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