Fanpage, roghi e sospetti: c'è un secondo «giallo»

Fanpage, roghi e sospetti: c'è un secondo «giallo»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 26 Febbraio 2018, 09:37
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Partiamo subito da alcune premesse: non ci sono prove che sia un attentato o un messaggio trasversale contro gli autori della videoinchiesta firmata Fanpage; ogni pista viene battuta, dal guasto tecnico, all’atto di vandalismo, senza però escludere la matrice dolosa dell’evento. 
Premessa doverosa, di fronte a un episodio di cronaca avvenuto nel centro di Cava dei Tirreni, dove la scorsa notte è stato incendiato un bar con almeno 25 anni di vita. 
Parliamo di un’attività commerciale gestita dai genitori del giornalista Carmine Benincasa, una delle firme della videoinchiesta «bloody money» condotta da Fanpage, che punta a dimostrare l’esistenza di tangenti e zone d’ombra nell’ambito del ciclo raccolta dei rifiuti in Campania. Episodio sinistro e ad alto impatto suggestivo, che accade a distanza di pochi giorni da un altro incendio ancora tutto da decifrare. 
Giovedì scorso, vale la pena ricordare, c’è stato un incendio al quarto piano di un edificio di via Sedile di Porto, dove abita la cognata del direttore di Fanpage, assieme al marito e ai figli. Due incendi a distanza di pochi giorni, due episodi al momento poco chiari, almeno in attesa delle informative di carabinieri e dei vigili del fuoco. Ma restiamo al fatto di cronaca: l’incendio è avvenuto tra l’una e mezza e le tre della scorsa notte, in corso Principe Amedeo, la cosiddetta «nazionale» a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Cava dei Tirreni. 
 
Colpito il bar Rosa, che da venticinque anni è gestito dai genitori di Benincasa: il bar da qualche giorno era chiuso, in seguito a un contenzioso sorto tra i titolari dell’attività commerciale e i proprietari del locale. Una controversia con i proprietari del locale che - assicurano qui a Cava - si era ricomposta in modo pacifico già da qualche tempo (il contenzioso aveva fatto registrare un esito favorevole alla famiglia di Benincasa in primo e secondo grado).
Due incendi, due episodi sinistri, su cui è lo stesso direttore di Fanpage ad attendere gli esiti delle indagini. Spiega Francesco Piccinini: «Non facciamo congetture, manteniamo i nervi saldi e aspettiamo le verifiche da parte degli inquirenti. Rimaniamo sereni a fare il nostro lavoro, andiamo avanti con le nostre inchieste». 
Ma torniamo all’episodio di domenica notte, torniamo alla posizione di Carmine Benincasa. Un giornalista da tempo impegnato sul fronte caldo delle indagini giudiziarie, specie se ricondotte al potere politico e amministrativo ramificato tra Napoli e Salerno. In questi mesi, assieme ad altri colleghi della redazione napoletana di Fanpage, aveva collaborato alla stesura delle prime tre puntate della videoinchiesta condotta dall’ex boss della camorra Nunzio Perrella, appena quarantotto ore fa ha firmato una intervista all’ex direttore della trasparenza della Sma. Mesi fa, questa volta a Nocera, aveva filmato di nascosto uno scandalo locale, dimostrando l’esistenza di schede elettorali nel comitato di un candidato, in un mercimonio di voti (cinquanta euro per una firma). 
Decisivo, a questo punto, il lavoro dei carabinieri della compagnia di Nocera (agli ordini del tenente colonnello Francesco Mortari), che dovranno analizzare le immagini delle telecamere nella zona del bar Rosa, oltre a dare una risposta alle cause dell’incendio. 
Fatto sta che, almeno finora, gli ingredienti del giallo, ci sono tutti. Cava dei Tirreni come via Sedile di Porto. Inevitabili alcune domande. 
C’è qualcuno che prova ad intimidire? C’è qualcuno che prova a lanciare messaggi trasversali, magari in vista delle prossime pubblicazioni on line delle videoinchieste? O c’è in gioco il tentativo di apparati para-investigativi di tenere alta l’attenzione sul lavoro giornalistico condotto fino a questo momento da Fanpage? In attesa di riscontri concreti, è possibile fare un ragionamento generico: a meno di sette giorni dal voto per il rinnovo del Parlamento, in vista di una scadenza elettorale così incerta e delicata, dopo l’incendio di Cava dei Tirreni, l’attenzione dei media si è spostata da Napoli a Salerno: una directory che rappresenta anche il cuore dell’inchiesta «bloody money». 
Come è noto, il target dei filmati pubblicati finora punta ad indicare alcuni punti opachi del ciclo di smaltimento dei rifiuti. L’attenzione è caduta sulle ecoballe, specie dopo la presunta tangente del 15 per cento al centro del colloquio tra Nunzio Perrella e un presunto mediatore di affari, in una vicenda che ha provocato le dimissioni dall’assessorato al comune di Salerno del figlio del governatore Roberto De Luca. Ma sono decine i soggetti che sono entrati - ovviamente a loro insaputa - nella sfera di relazioni (e di inquadrature nascoste) di Nunzio Perrella, in una narrazione che dovrebbe riguardare circa novecento ore di girato. 
Ce n’è abbastanza per alimentare un clima di tensione permanente, specie in vista delle prossime puntate on line. Silenzio dal mondo politico (con la sola eccezione del senatore Peppe De Cristofaro di Liberi e Uguali) e del parlamentare uscente del Pd Simone Valiante), mentre l’attenzione si concentra sulle prossime pubblicazioni frutto del lavoro dell’ex boss Perrella. Un clima reso rovente da due incendi, due episodi sinistri e potenzialmente trasversali, che aprono una settimana decisiva per politica e istituzioni regionali. 
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