Omicidio Genny Cesarano,
un anno dopo non basta il ricordo

Omicidio Genny Cesarano, un anno dopo non basta il ricordo
di Silvio Perrella
Martedì 6 Settembre 2016, 10:38 - Ultimo agg. 12:04
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Alla Sanità ci sono gli olivi e ci sono gli olivastri. Lo dico pensando ad Omero che ricordava come la radice di entrambi fosse la stessa, come se i primi fossero uno dei nutrimenti peculiari del Mediterraneo e gli altri una pianta infestante e malefica. Alla Sanità, come dovunque ma con una maggiore e quasi icastica visibilità, ci sono gli olivi e gli olivastri e si contendono il terreno combattendosi aspramente. Ci sono i singoli, le associazioni, l’impegno della Chiesa e non sempre le istituzioni; e ci sono le faide, gli assassini, le interruzioni della civiltà, il ronzio stordente dei motorini… Tra gli uni e gli altri provano a respirare e a vivere quelle persone che non sono ancora né l’uno ne l’altro. Mi riferisco ai bambini e ai giovani uomini e donne che chiamiamo figli e che osservano smarriti ciò e chi gli sta attorno, a cominciare dai genitori e dai fratelli e sorelle maggiori.

Genny Cesarano era uno di loro. Non gli è stato dato il tempo di percorrere la sua strada, l’hanno ucciso un anno fa di fronte alla chiesa del “Monacone”, quella di Santa Maria alla Sanità. Non era ancora maggiorenne. Forse chi ha alzato la mano su di lui con ferocia e indifferenza non aveva molti più anni dei suoi. È difficile, difficilissimo, direi impossibile trasformare in parole quell’attimo, scrutandoci dentro, scavando fino alle caverne più buie che l’hanno reso possibile. E ci vuole pudore anche nel provarci: il solo pensiero dei genitori, del loro strazio, indurrebbe al silenzio civile, alla condivisione solitaria e “umana”. Allo stesso tempo, però, è necessario testimoniare, ricordare, rendere limpidi i pensieri, proseguire nella battaglia. Sì, perché di una battaglia si tratta e non è scritto da nessuna parte chi la vincerà. E chi la vincerà, soprattutto se sarà prevalsa la civiltà dell’olivo, non potrà mai dimenticare che ogni vittoria non è mai definitiva e che il processo impuro della realtà non si ferma mai e poi mai.

Oggi pomeriggio (alle 18) alla Sanità, proprio nella Basilica dinanzi alla quale è stato ucciso, Genny Cesarano verrà ricordato (e gli sarà anche dedicata una scultura). Lo faranno i ragazzi che hanno imparato a diventare olivi con padre Antonio Loffredo. Lo ricorderà il quartiere. Lo ricorderanno di sicuro le tante persone che parteciparono al corteo indetto dai parroci dopo la sua morte, a cominciare dai genitori. Si attraversò la città quel giorno, si varcarono i confini del quartiere, chiedendo che le scuole restassero aperte anche nel pomeriggio, dando asilo culturale alle giovani menti in formazione. Credo che qualche cosa da quel giorno è avvenuto. Ma certo la battaglia non si è fermata un attimo: e altre morti, altri agguati, altre interruzioni violente dello scorrere della quotidianità sono avvenute. Il registro dei fatti cruenti purtroppo gronda sangue.

Chi s’impegna nel quartiere non si ferma di certo. Ma in questa battaglia l’intera città deve sentirsi parte lesa ogni volta che il sangue scorre. La Sanità è un luogo di grandissima importanza per tutta Napoli. Lo è per diverse ragioni. Lo è soprattutto per la sua struttura purgatoriale. Basti pensare alla presenza diramante e potente del Cimitero delle Fontanelle. Ma quanti ipogei e luoghi sotterranei danno il ritmo al tempo del quartiere.

Un ritmo sincopato, inquieto e “umanissimo”, qualcosa di simile al “reggae”. La Sanità è come la clessidra dentro la quale scorre la sabbia mentale dell’intera città. Un luogo che la Storia ha voluto separare facendo volare sopra la sua testa un ponte ardito e possente. Ed è proprio da quella separazione urbana, dal tempo asincrono che gli è stato imposto che nascono l’originalità di questo quartiere dove Natura e Storia si danno la mano.
Non solo associazioni feconde e cocciute hanno sede alla Sanità, ma anche pizzerie, pasticcerie, fabbriche di cioccolato e luoghi che hanno saputo diffondere in città leccornie e nuove abitudini alimentari. Quanti “fiocchi di neve” sono caduti a deliziare le papille gustative dei napoletani.
 
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