Orrore a Giugliano, 13enne violentato dal branco: «Sembravano dei bravi giovani»

Orrore a Giugliano, 13enne violentato dal branco: «Sembravano dei bravi giovani»
di Antonio Menna
Sabato 25 Marzo 2017, 09:48
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Sarebbe comodo poter dire oggi che Camposcino è il Bronx e che gli undici ragazzini che per anni nel quartiere del centro storico di Giugliano hanno seviziato e violentato un loro coetaneo sono mostri. Sarebbe rassicurante. Di qua i normali, di là i cattivi. E invece Camposcino è un bel quartiere, naturalmente come si può essere belli in queste città mancate: case vecchie, cortili malandati, tappeti di auto, paletti di ferro, anziani sulle panchine, giovani che ciondolano sugli scooter. Sulla piazza che si apre alle spalle del corso principale di Giugliano, c’è la parrocchia San Marco Evangelista. Molte attività sociali: l’azione cattolica, che ha appena bandito un concorso creativo per realizzare il logo ufficiale; il campo estivo, giunto alla terza edizione, che mette assieme 200 minori e 40 operatori, tornei di calcio, il campetto dell’oratorio. Un bel rettangolo di gioco, recintato ma aperto a tutti, con gli spogliatoi e i bagni. Così belli da non credere che siano diventati uno dei teatri dell’orrore. Proprio qui, il ragazzino preda del branco avrebbe subito più di uno stupro di gruppo. 
 


«Sono cose che possono avvenire ovunque - dice don Angelo, parroco storico di Camposcino, in pensione da quattro anni - Siamo angosciati, però. Io non so darmi una spiegazione. In quarant’anni non ho mai sentito una cosa del genere. A chi dobbiamo dare la colpa? Dietro ci sono molti problemi. Io vedo tanta fragilità. Forse le famiglie, l’affettività. I servizi sociali, le istituzioni. C’è carenza di cultura. Che devo aggiungere? Sono senza parole, questa è la verità». Non ci ha capito niente nessuno, si può dire? «È un episodio che lascia sgomenti», aggiunge il sindaco, Antonio Poziello. «Aspetto di capire e di avere certezze - sono le poche parole di don Dino Bruno, l’attuale parroco - c’è dolore. Ma attenzione a non infangare un quartiere intero».

La paura è di finire tutti sul banco degli accusati. L’enormità del fatto è tale che ognuno si sente chiamato in causa. Com’è possibile che nessuno abbia mai colto un segno, una traccia? «Non erano tutti di Camposcino - puntualizza don Angelo - Venivano anche da altri quartieri. Certo, che cambia»? Niente, appunto. 

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