I tesori dimenticati dei clan
a Napoli è disastro confische

I tesori dimenticati dei clan a Napoli è disastro confische
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 27 Febbraio 2017, 00:25 - Ultimo agg. 14:06
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«Segui il denaro e troverai le mafie». Fosse ancora vivo, Giovanni Falcone continuerebbe a ripetere il suo credo invocando il più formidabile degli antidoti nella lotta alla criminalità organizzata. Perché solo affondando i denti nelle carni vive di mafia, ‘ndrangheta e camorra - laddove scorre la linfa vitale del malaffare - si riescono a ottenere risultati significativi. Togliendo alle cosche i loro beni.

La vera frontiera sulla quale si combatte la lotta per la legalità passa attraverso i sequestri e le confische dei beni di provenienza illecita. Ma, a ben guardare, quella dello Stato si trasforma in una vittoria di Pirro. Maglie larghe e zero controlli: così a Napoli si disperde il patrimonio dei beni immobili sottratti ai boss. Procedure lente e farraginose, lacci che imbavagliano la rapida destinazione di case e terreni, ma soprattutto verifiche che restano tali solo sulla carta. Abbiamo provato a verificare sul campo: bussando alle porte di 14 luoghi che da simboli del malaffare avrebbero dovuto trasformarsi in casi virtuosi, esempi da seguire. 

Il risultato è stato sconfortante. E dimostra come - nonostante l’impegno che ciascun soggetto in campo (forze dell’ordine, magistratura, Agenzia nazionale per i beni confiscati, enti locali assegnatari) - molto ancora resti da fare per l’impiego dei beni sottratti alla camorra. Nell’80 per cento dei casi si è già persa la finalità sociale del riutilizzo di quell’immenso patrimonio. Il resto lo faranno il tempo e l’incuria: con il deprezzamento di quegli immobili.

All’ultimo piano del civico 29 di via della Giudecca Vecchia c’è l’appartamento in cui abitò e visse Lovegino, alias Luigi Giuliano. Uno dei pezzi di storia della camorra napoletana. Se quelle mura potessero parlare racconterebbero sicuramente anche più di quanto ha finora fatto l’ex «re» di Forcella dal giorno in cui ha iniziato a collaborare con la giustizia. Due appartamenti accorpati, 250 metri quadri. Ristrutturato con i fondi del Pon Sicurezza, nel 2009 è stato dato in gestione ad un «centro territoriale per l’intervento in rete a sostegno dei bambini e degli adolescenti». Che oggi è chiuso. Inutile bussare. «Vengono sì e no un paio di volte a settimana - spiega un condomino - Noi non li vediamo mai». Per gli inquilini dello stabile una doppia beffa: «Perché - spiega un altro residente - nella pertinenza di quella casa c’è anche la terrazza: e quando si rompe un’antenna, per ripararla dobbiamo aspettare che venga uno dei responsabili che dispone della chiave».

A Forcella lo Stato in questi anni ci è andato giù duro con i sequestri. Una bella fetta di case appartenute ai Giuliano è stata acquisita dal patrimonio pubblico. È il caso di un altro edificio che si trova in vico Zuroli 10, affidato a una organizzazione non governativa - «Salam» - animata da volontari che - si legge nella pagina internet - «affrontano giorno per giorno i problemi sociali e culturali delle giovani generazioni per essere insieme protagonisti del futuro». Sarà, ma per due giorni consecutivi abbiamo provato a cercare una presenza, o anche solo qualcuno che rispondesse al citofono. O siamo stati sfortunati o - come pure confermano alcuni abitanti dello stabile - quei locali restano quasi sempre chiusi. Peccato. «Ogni tanto viene qualcuno - spiega una residente dello stabile - ma non ci sono orari né giorni fissi». Naturalmente, e questo vale per tutte le altre associazioni che non siamo riusciti a trovare nelle sedi di appartenenza, qui non si mette in dubbio la bontà e la serietà dei progetti che ciascuna onlus mette in campo e realizza. Qui ci limitiamo a prendere atto che i locali erano vuoti.


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