I commercianti del casertano erano costretti ad acquistare il pane del clan dei Casalesi, prodotto dall'imprenditore Gianni Morico, titolare del marchio omonimo e anche di un elegante bar di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), che per garantirsi il risultato ricorreva ai «servigi» di Mario Maio, esponente di spicco di un'altra fazione, quella riconducibile a Francesco Schiavone, detto «Sandokan», personaggio facente parte della cosiddetta «manovalanza» della cosca, che si occupava anche di riscuotere il denaro delle estorsioni.
La circostanza emerge dalle indagini che oggi hanno portato all'arresto di nove persone e al sequestro di beni (aziende e società) riconducibili alla fazione Zagaria del Clan dei Casalesi del valore di circa 18 milioni di euro. Il clan imponeva il suo pane ai commercianti di numerosi comuni: Grazzanise, Cancello ed Arnone, Pastorano, Santa Maria Capua Vetere, Sparanise, Teano e Giugliano in Campania. Il cugino del boss Michele Zagaria, Pasquale Fontana (figlio di una sorella del padre del capoclan, ndr), invece, dava indicazioni riguardo gli investimenti da fare. Non solo, a lui spettava anche designare coloro che avrebbero ricoperto il ruolo di prestanome. Morico e Maio si occupavano anche di mettersi d'accordo con le altre fazioni del clan riguardo la ripartizione delle aree di distribuzione dei prodotti da forno e degli utili. Le misure cautelari e il provvedimento di sequestro sono stati emessi dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea.