Iracheno arrestato a Sorrento. Da Milano a Napoli, la mappa dei luoghi nel mirino dell'intelligence

Iracheno arrestato a Sorrento. Da Milano a Napoli, la mappa dei luoghi nel mirino dell'intelligence
di Giuseppe Crimaldi e Valentino Di Giacomo
Mercoledì 23 Marzo 2016, 08:25 - Ultimo agg. 09:12
4 Minuti di Lettura

Aziz Ehsan era stato «attenzionato» dalle intelligence di Francia e Belgio per essere stato in contatto con dei terroristi. L'iracheno arrestato ieri a Sorrento, 46enne, era però già ricercato dalle autorità svizzere per una tentata aggressione sessuale, minacce e sequestro di persona. Quando gli uomini della Digos lo hanno trovato e preso, Ehsan ha detto che si trovava in costiera a lavorare come intermediario immobiliare, fittando e sub-affittando appartamenti ai turisti.

Del suo arresto ne ha dato notizia il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del comitato di sicurezza che si è svolto ieri in seguito agli attentati di Bruxelles. Ora l'iracheno è a Poggioreale dove sarà sottoposto ad interrogatorio da parte delle autorità italiane che vogliono vederci chiaro sui contatti che l'uomo ha avuto sul territorio nazionale dove si trovava da qualche tempo, mentre nel napoletano si ritiene fosse giunto da soli tre giorni.

Eppure, tra le mappe formulate dai nostri servizi di sicurezza dove sono registrate le presenze di integralisti islamici e presunti terroristi, non c'era di certo Sorrento. Sul territorio campano le zone maggiormente ritenute a rischio dagli analisti dell'intelligence sono invece tutte nel ventre della città: piazza Mercato, piazza Larga e corso Arnaldo Lucci nei pressi della stazione centrale. Si ritiene però che a Napoli la presenza capillare della malavita organizzata rappresenti un deterrente per gli estremisti del jihad. Sono le Molenbeek napoletane, quartieri ad alto rischio di infiltrazioni. In Italia esistono altrettante zone che sono monitorate con costanza dalle forze dell'ordine e dai Servizi. Sono ovunque, da Torino a Milano, da Roma a Bologna.

A Torino, nei quartieri di Porta Palazzo e Borgo Dora vi è un'altissima concentrazione di extracomunitari costantemente monitorata. A Milano la zona sotto i riflettori è quella tra via Quaranta e viale Jenner dove ha sede la moschea e dove persistono diversi personaggi considerati «a rischio», alcuni indagati anche negli Usa. Nel vicino comune di Segrate c'è una delle cinque moschee ufficialmente riconosciute dove è forte la presenza di stranieri ed è sotto monitoraggio la comunità di viale Padova e Cascina Gobba. Roma è chiaramente la città maggiormente controllata, eppure ciò non impedisce che spuntino dal nulla moschee non autorizzate. Come accaduto a Tor Pignattara dove è presente un'altissima percentuale di integralisti islamici. Negli anni passati ciò avveniva maggiormente a Centocelle dove venne arrestato uno degli attentatori alla metropolitana di Londra. Ed è sempre la periferia ad attrarre un gran numero di questi soggetti, come a Torre Angela, Ponte di Nona, Quadraro e Ostia. Non è un caso che, sempre nel Lazio, a Latina, poco più di una settimana fa, è stato espulso un tunisino. Si tratta di Mohamed Hackemi Triki, bloccato mentre distribuiva materiale inneggiante al jihad nei pressi di una moschea.

Sempre in fase di analisi dei rischi, ancora in Campania, si guarda con grande attenzione al territorio del basso casertano dove insiste sia la massiccia presenza di immigrati, regolari e irregolari, che una forte presenza camorristica. I migranti non rappresentano un pericolo di per sé, ma quando il flusso è così elevato vi è la possibilità che tra di loro possano infiltrarsi membri di cellule terroristiche. L'altro pericolo, invece, è che la criminalità organizzata possa vendere armi a potenziali terroristi. Pur se queste armi sarebbero poi utilizzate per compiere attentati al di fuori del territorio italiano: le organizzazioni criminali non hanno interesse ad attrarre nelle proprie zone di influenza un numero ancor più elevato di forze dell'ordine.

Bologna è un'altra delle città strettamente controllate a causa della presenza di moschee ad alto rischio jihadista. Negli anni scorsi si è assistito ad una guerra, non solo ideologica, tra alcuni salafiti maghrebini e i fedeli più moderati che pare essersi risolta con l'allontanamento dai luoghi di culto dei musulmani più integralisti. Tuttavia non sempre le moschee sono considerate dai nostri apparati di sicurezza come covi di possibili terroristi. Nella maggior parte dei casi i luoghi di culto sono invece ritenuti un valido mezzo per consentire l'inclusione sociale degli stranieri nel nostro Paese e secondo la nostra intelligence è anche grazie all'integrazione degli immigrati sul nostro territorio che l'Italia fino ad oggi non è stata vittima di attentati come a Parigi o Bruxelles. Tanto più che la propaganda dell'Isis avviene sempre più di rado nelle moschee e si è per gran parte spostata sul web

© RIPRODUZIONE RISERVATA