Pretendevano persino che tutti i residenti in quell'antico palazzo di Forcella, in vico San Filippo e Giacomo, pagassero le spese per illuminare l'edicola votiva dedicata a Emanuele Sibillo. Ora che quell'altarino non c'è più - smantellato dall'intervento dei carabinieri - emerge dalle indagini quanto quella cappella che custodiva le ceneri e un busto in cera di Es 17 fosse centrale nella narrazione del clan per dimostrare la propria forza nel quartiere. Deve essere stato un incubo abitare in quello stabile per le tante persone per bene che avevano paura di denunciare i soprusi e le vessazioni imposte dai familiari di Sibillo. Del resto chi ci viveva in quel «palazzo della buonanima» - come era stato soprannominato dagli stessi appartenenti al clan - doveva per forza di cose conviverci con la paura a causa dei tanti raid, tra l'esplosione di bombe e i colpi d'avvertimento dei clan avversari. Lì, davanti al busto barbuto del 19enne ucciso nel 2015, venivano pure invitati i commercianti taglieggiati per fare una sorta di inchino al defunto. Non un caso che questo episodio si sia verificato proprio quando il clan Sibillo pretendeva da uno di questi commercianti ben 50mila euro o un appartamento e non i soliti 100, 200 o 500 euro come erano soliti chiedere. La figura del boss della paranza dei bambini era utile ad intimidire chi si avvicinava a quell'edicola votiva, manifestazione di un potere quasi divino e per questo oggetto di sequestro da parte della Dda.
Un potere che in quella roccaforte dei Sibillo era esercitato anche nei confronti degli stessi condomini dello stabile di Forcella.
Il «palazzo della buonanima», anche dopo la morte di Sibillo, era diventato la roccaforte da cui il clan dei «guardaspalle dei Contini» - come sono stati definiti dai pm - manifestava la propria forza e presenza nel quartiere. Eppure, nell'antica guerra di predominio contro i Mazzarella - sono stati diversi i momenti di paura, non solo per gli appartenenti al clan, ma soprattutto per i tanti condòmini che sono stati vittime di questi scontri. L'8 gennaio del 2018 all'interno dell'edificio vengono sparati colpi di pistola di avvertimento e poi un fortissimo ordigno esplosivo che danneggia persino la vicina scuola Confalonieri. Stesse scene nel febbraio 2019 con un altro agguato, un mese dopo, poi, i residenti hanno invece dovuto assistere alla distruzione di un motorino - quello di Giosué Napoletano, alias o nannone - fatto a pezzi dai Mazzarella che quel giorno erano alla ricerca dei sodali del clan Sibillo per farli fuori. È in quel «palazzo della buonanima» che si rifugiavano, lì dove ora non c'è neppure più il busto barbuto di Es 17.