La visita di Renzi a Pompei e l'eterna «questione meridionale»

La visita di Renzi a Pompei e l'eterna «questione meridionale»
di Francesco lo Dico
Giovedì 24 Dicembre 2015, 17:02
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Un piccolo pigmeo imbarcato su una piroga, che sfugge alla fauci di un minaccioso coccodrillo. Nella casa di Paquio Proculo restituita alla collettività dopo il restauro, c'è un dettaglio che forse incarna meglio di tutto il senso della visita del premier agli scavi di Pompei: l'Italia minuscola degli ultimi anni, che sfugge alla tentazione di piangersi addosso e naviga in acque più prospere dopo aver scampato il declino. Il dettato renziano, anche a Pompei si inerpica in alto, e snocciola il verbo di un'Italia migliore, “un Paese che torna a credere in se stesso”, che “crede nel suo futuro” e ha “finalmente compreso che la travolgente bellezza che lo caratterizza” è una risorsa da cui attingere a piene mani.

“Si torna a parlare di Pompei, ma stavolta lo si fa per i restauri, e non più per i crolli”, annota il presidente del Consiglio tra gli applausi dei molti convenuti. Il restauro delle domus pompeiane, è dunque il nuovo capitolo di una narrazione avventurosa, che ostenta successi e nuovi ne traccia all'insegna di un progetto comunicativo che si puntella sul dinamismo e l'efficienza. Ma le polemiche, restano oggi relegate alle pendici del Vesuvio. Renzi non fa alcuna allusione ai malumori di De Magistris, che ha disertato la cerimonia di inaugurazione perché sostiene di non essere stato invitato.

E sfugge anche alla facile tentazione di scomodare paralleli improbabili con la gestione del sito pompeiano che a suo tempo destò qualche clamore, quando il maltempo costrinse l'ex ministro dei Beni culturali Sandro Bondi a dimettersi, dopo il crollo della Casa dei gladiatori nel 2010. Il premier aveva oggi la ferma intenzione di celebrare una festa, organizzata con grande perizia dallo staff comunicativo alla vigilia di Natale. “Quando abbiamo proposto la vigilia di Natale come la data giusta per l'inaugurazione ci hanno guardato storto perché i giornali a Natale non escono”, argomenta Renzi dalla Basilica degli Scavi.

Ma c'è da crederci poco. Perché il natale renziano è fatto di precisi accorgimenti mascherati da un certo spontaneismo verbale: le domus restaurate che sono un dono prezioso, “Pompei che prima era motivo di vergogna e adesso torna motivo di vanto”, gli auguri “che non sono solo auguri di Natale, ma l'auspicio di un'Italia che ha ritrovato il suo ruolo di prestigio nel mondo” e si candida a tornare “quel faro di civiltà” che tutti sperano di riconoscere quando mettono piede nel nostro Paese e che negli ultimi anni non avevano più ritrovato.

Sacerdos Amandus a Pompei, Renzi glissa però sulla questione meridionale, che resta labile come affresco perduto all'interno di una cornice retorica che parla di un generico “rilancio del Paese”. L'accenno ai denari in arrivo per la bonifica della Terra dei Fuochi, e la risoluzione del caso Bagnoli, sembrano più puntate singole, che parti di un'architettura più complessa di rilancio del Meridione. Il bene di Pompei è il bene dell'Italia, non c'è dubbio. Ma l'impressione che giunge dalla Basilica degli Scavi è che una strategia ad ampio respiro debba ancora essere messa a punto. Per il Sud non è ancora tempo di trarre gli auspici.  
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