Morto Dario Fo, il suo legame
con Napoli: «Città nobilissima»

Morto Dario Fo, il suo legame con Napoli: «Città nobilissima»
Giovedì 13 Ottobre 2016, 09:26 - Ultimo agg. 09:57
4 Minuti di Lettura

Riproponiamo un articolo che Dario Fo scrisse per Il Mattino nel 2009, per la seconda edizione del Napoli Teatro Festival Italia.

La nascita, anzi, la conferma di un Festival della scena come quello napoletano è una buona notizia. Perché attira personaggi rappresentativi del teatro, da tutto il mondo; perché crea teatro producendo spettacoli; e anche perché permette a compagnie, attori e registi giovani di proporsi su una pedana importante; consente loro di crescere e affinare intelligenze e culture sottraendole al regno dell'oscurità. Sono questi i motivi per cui farò di tutto per essere anch'io a Napoli, la città nobilissima che ho sempre amato. Mi invitano alla seconda edizione del Napoli Teatro Festival Italia come autore di un testo che questa volta altri - l'attore e regista Giulio Cavalli - porta in scena. «L'apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe» è un testo sull'ecologia, una critica feroce e ironica che ho scritto sullo sciagurato rapporto tra l'uomo e il suo ambiente. Il surriscaldamento del pianeta, i ghiacciai dei poli che si sciolgono e se ne vanno in giro vagabondando negli oceani, città come Venezia, Genova - e Napoli - che rischiano di scomparire perché il livello delle acque cresce: sono problemi che purtroppo sui giornali trovano ancora poco spazio; e non parliamo della tv, dove le cose più intelligenti e interessanti ormai sono relegate soltanto a tarda ora. Io, invece, porto tutto questo a teatro, il regno del presente.

«L'apocalisse rimandata» l'ho recitato da solo e insieme con Franca Rame, e ora sono curioso di vedere come Cavalli lo ha trasposto sulla scena del Napoli Teatro Festival Italia. E parlo di questo mio spettacolo non per ragioni egoistiche, ma perché il teatro deve occuparsi dei tempi che viviamo e non del passato. A ogni stagione che Dio ci manda in terra non si contano i ripescaggi di questo e di quello, testi, linguaggi, argomenti già nei programmi degli anni passati, che si ripetono stancamente o con piccole varianti. Nel mondo del teatro c'è come un lasciarsi andare cronico a rifare cose vecchie dentro le cui sicurezze adagiarsi sonnacchiosi e pacificati. No. Il teatro è il presente; il teatro deve parlare dei suoi tempi, aggredirli, scrutarli, anticiparli se è possibile. E i nostri tempi ci parlano di un grande pericolo ecologico. Certo, il teatro non deve generare panico, ma deve svegliare coscienze addormentate e far riflettere.

In questo caso la domanda è: dove andremo a finire se non corriamo ai ripari? E la risposta, tanto per giocare ancora sull'ironia, è una: a mollo! D'altra parte, da sempre tutta la scienza e i mezzi di comunicazione esistono per evitare questi rischi. Il teatro è la forma più diretta e viva di comunicazione e, dunque, bisogna approfittarne, soprattutto perché la televisione si preoccupa non di risvegliare, ma di addormentare gli animi e le menti con i quiz, i giochini, i reality e i talent show. Il teatro, però, può fare ancora di più. La nascita, proprio a Napoli, di questo grande festival, oggi alla sua seconda edizione, può donare un gran bene alla città, perché apre le sue porte al mondo e al mondo fa conoscere non la sua «Gomorra» e la sua «munnezza», ma la cultura, l'antica, nobilissima arte del palcoscenico in cui Napoli è maestra da secoli.

Tutte le città, a Nord e a Sud, hanno un terribile bisogno di cultura. Napoli ancora di più. Un grande appuntamento come il Teatro Festival può essere strumento prezioso per far capire a tante persone che a invadere la città possono non essere gli interessi criminali ma attori, scene, costumi, registi, tecnici, impresari, spettatori che vogliono godere il piacere unico che il teatro dà a chi lo ama. Il teatro unisce e crea ricchezza, intellettuale, etica, ed economica. È ciò che non capiscono i governi, che tagliano i fondi per la cultura, per lo studio, per le scuole, soltanto perché non producono vantaggi di potere. Anzi, nelle annuali leggi finanziarie si stornano addirittura i soldi verso altre destinazioni. E addio cultura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA