Messico, i tre napoletani scomparsi
«ceduti» dalla polizia ai clan locali

Messico, i tre napoletani scomparsi «ceduti» dalla polizia ai clan locali
di Paolo Barbuto
Giovedì 22 Febbraio 2018, 22:56 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 18:03
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Tre agenti della polizia locale di Tacalitlan sono stati arrestati e le forze della polizia federale sono a caccia del capo di quegli agenti, Hugo Enrique Martínez Muñiz che ha fatto perdere le sue tracce due giorni fa: secondo le indagini avrebbero fermato Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino e poi li avrebbero consegnati ad esponenti della malavita locale.
Assume tinte fosche la vicenda dei tre napoletani scomparsi in Messico. L’intervento dei corpi speciali in indagini sulla criminalità organizzata (il Seido) che hanno commissariato la polizia locale, si è rivelato determinante nella ricerca della verità.
Risale alla mattina di mercoledì l’arrivo in forze della polizia federale di Jalisco nella cittadina di Tecalitlan, dove è stata segnalata la scomparsa dei nostri tre concittadini. Decine di uomini sono entrati nella sede della polizia locale e ne hanno preso il comando. Immediatamente 33 agenti, sospettati di aver avuto un ruolo nella vicenda della sparizione dei tre napoletani, sono stati privati delle armi di ordinanza e invitati a presentarsi nella sede del comando generale di Jalisco: ufficialmente per un corso di «formazione e aggiornamento», anche se l’intento era quello di separare gli uomini dal territorio con il quale erano probabilmente collusi, e interrogarli alla ricerca della verità. Dei 33 uomini convocati al comando generale solo in 18 si sono presentati, gli altri quindici si sarebbero dileguati. Quando c’è stato il blitz della polizia federale, il comandante locale Hugo Enrique Martínez Muñiz non era al suo posto perché aveva chiesto un giorno di permesso. Quando gli agenti si sono presentati alla porta di casa del comandante, in una cittadina distante pochi chilometri, l’hanno trovata chiusa. Da quel momento le tracce dell’uomo si sono perdute e le ricerche del fuggitivo, stavolta ufficiali, si sono estese anche agli stati vicini.

 
Nel frattempo l’intera area del territorio di Tecalitlan è stata verificata, palmo a palmo, sono stati istituiti posti di blocco che hanno controllato ogni autovettura in entrata e in uscita dalla città e le ricerche dei tre dispersi sono state avviate soprattutto nelle aree montuose circostanti che sono disabitate e difficili da raggiungere.
Sono stati avviati anche gli interrogatori del personale, sia degli agenti che degli addetti comunali. Proprio nel corso degli interrogatori sarebbero venuti fuori i dettagli che hanno condotto all’arresto dei tre poliziotti e al coinvolgimento ufficiale del capo della polizia locale. Secondo quando avrebbero riferito più testimoni, uomini in divisa avrebbero fermato gli italiani e li avrebbero scortati in un luogo dove sarebbe avvenuta la «consegna» a gruppi locali armati. Il tutto, sostengono gli investigatori, per ordine del comandante della polizia locale.
Le indagini sono seguite personalmente dal segretario generale del governo, Roberto Lopez Lara, il quale ha chiarito che, «a prescindere dai presunti problemi con la legge messicana di una delle persone scomparse, l’unico nostro obiettivo in questo momento è proseguire nelle ricerche e di ritrovarli».
Non è ancora chiara la posizione del sindaco di Tecalitlan, Victor Diaz Contreras, il quale anche ieri ha ufficialmente confermato di non sapere nulla della vicenda dei tre italiani scomparsi, anche se il procuratore di Jalisco, Raul Sanchez Jimenez, continua a non escludere la possibilità di convocarlo.
A questo punto le indagini sono a una svolta determinante. Se da un lato c’è probabile chiarezza sul ruolo della polizia locale, dall’altro diventa fondamentale sapere a quale gruppo delinquenziale le tre persone sarebbero state «consegnate» e soprattutto per quale motivo. Si esclude l’ipotesi del sequestro per ottenere un riscatto anche se gli inquirenti mantengono uno strettissimo riserbo sui dettagli. Una fuga di notizie, in questo momento, potrebbe far «saltare» le indagini e fermare il percorso che potrebbe consentire di rintracciare i tre napoletani.
Nel frattempo la vicenda della presenza italiana in Messico si arricchisce di un altro, sconfortante, dettaglio. È stato arrestato ieri a Guanajuato, nello stato del Queretaro un italiano accusato di vendere generatori contraffatti. Le autorità non hanno diffuso il nome dell’arrestato che, secondo alcuni organi di stampa locali si chiamerebbe Stefano Umberto e proverrebbe anche lui dalla provincia di Napoli. Il responsabile della polizia federale a Guanajuato, Miguel Simental, ha dichiarato ufficialmente che l’uomo arrestato non ha nessun legame con i tre napoletani dispersi, anche se i media del posto continuano a fare ipotesi: l’intera organizzazione della vendita di generatori sul territorio messicano avrebbe una sola matrice malavitosa italiana e sarebbe in atto una «guerra» con la malavita locale pronta a strappare il mercato dalle mani degli italiani. Ma si tratta solo di supposizioni giornalistiche, non confermate dalle autorità.

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