Napoli, scandalo assenteisti al Loreto Mare: l'ok del gip agli arresti arrivato 16 mesi dopo

Napoli, scandalo assenteisti al Loreto Mare: l'ok del gip agli arresti arrivato 16 mesi dopo
di Leandro Del Gaudio
Martedì 28 Febbraio 2017, 15:05 - Ultimo agg. 19:30
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È uno dei punti che salta all’occhio, in questa storia di medici e impiegati accusati di assenteismo, di presunti professionisti del cartellino incastrati - almeno per il momento - da telecamere e intercettazioni telefoniche. È il fattore tempo, una variante non secondaria in questa indagine sulla presunta truffa del badge, secondo quanto appare evidente dagli snodi del fascicolo: siamo ad ottobre del 2015, un anno e quattro mesi fa, quando la Procura di Napoli licenzia la sua richiesta di misura cautelare. Sono le 54 richieste di arresti ai domiciliari per medici e tecnici, per sindacalisti e impiegati, che verranno accolte solo qualche tempo dopo. Anzi: solo molto tempo dopo. Febbraio 2017, sedici mesi dopo la richiesta dei pm, tocca al gip del Tribunale di Napoli mettere la firma. È il suo «p-q-m» («per questi motivi...») a dare la stura alla maxiretata dei carabinieri del Nas, al blitz che ha fatto indignare un po’ tutti. Un anno e quattro mesi, giorno più giorno meno, per firmare la retata. Eppure - scrivevano gli inquirenti ad ottobre del 2015 - la condotta è ritenuta «perdurante». Quanto basta a pensare che al di là dei tre mesi presi in esame nel corso delle indagini (tra la fine di novembre del 2014 e l’inizio del 2015) siano stati solo una parte di un fenomeno che è andato avanti anche dopo che sono state spente le intercettazioni, dopo che le telecamere nascoste piazzate dai militari dei carabinieri hanno smesso di funzionare. 

Inevitabile una domanda. Di fronte all’emergenza Loreto mare, tra caos al pronto soccorso, barelle e mancanza di personale, perché non dare la precedenza a questo fascicolo? Perché non intervenire subito, vista la gravità di uno scenario che si ripercuote quotidianamente sul servizio sanitario cittadino? Nessuna polemica da parte dei pm - bene chiarirlo subito -, tutti perfettamente consapevoli della serietà dei magistrati della Torre b, a partire dal gip Pietro Carola che ha licenziato pochi giorni fa le 54 ordinanze cautelari. Ma il tempo resta un fattore decisivo. Se n’è accorto anche il medico Francesco Iula, l’unico per il quale è stata revocata la misura cautelare a distanza di 24 ore dagli arresti, con tanto di parere favorevole dei pm. Come ha fatto notare al gip l’avvocato Domenico Ciruzzi, il medico dirigente Iula era in pensione da due anni e non avrebbe potuto certo reiterare le accuse sostenute dalla Procura. E non è tutto: il caso di presunto astensionismo per il quale è finito nelle indagini Francesco Iula sarebbe riconducibile a un aggiornamento professionale, che nulla ha a che vedere con la storia dei furbetti del badge. Quanto basta a spingere l’avvocato Ciruzzi a una severa censura, a proposito di questa indagine: «La mia impressione è che ci troviamo di fronte a una investigazione ipergonfiata, trovo non condivisibile l’applicazione degli arresti domiciliari, con tanto di imposizione dell’obbligo di recarsi al lavoro: una soluzione contraddittoria e intrisa di venature etiche e didascaliche». 
 


Ma torniamo alla questione principale, alla storia dei sedici mesi intercorsi tra richiesta di arresti e maxiretata. Senza alcuna volontà di ingaggiare un botta e risposta con la Procura, il giudice Bruno D’Urso, reggente della sezione gip e magistrato di provata esperienza, prova a fare chiarezza. Ci sono dei dati oggettivi, come l’organico che presenta un deficit del venti per cento, con sette-otto caselle di magistrati ancora da colmare. E sempre ai piani alti della Torre B il discorso cade comunque sui carichi di lavoro: da anni ormai, la sezione dei gip è diventata una sorta di corte di assise di primo grado, di fronte ai tanti processi per omicidio che vengono chiusi con il rito abbreviato, vale a dire con una soluzione processuale che chiude anche tante inchieste con decine di indagati per fatti di camorra. Insomma, quotidianamente alle prese con richieste di intercettazione, richieste di arresti, sentenze e motivazioni da depositare. 

Spiega al Mattino D’Urso, a proposito dell’inchiesta sul Loreto: «Trovo innanzitutto gravissimo che vicende che sarebbero facilmente opponibili e sanzionabili da un punto di vista amministrativo vengano sistematicamente sottoposte al vaglio della magistratura, che è ormai diventata l’unico strumento in grado di porre fine a questi fenomeni. Siamo di fronte all’ennesima eclatante dimostrazione che per sanare la società ci vuole solo la forza dell’intervento repressivo della magistratura, evidente quindi che la catena dei controlli non funziona, tra semi dirigenti e figure apicali». 

Tutto chiaro.
La domanda però è un’altra. Perché attendere un anno e quattro mesi prima della retata? Perché non creare una corsia privilegiata per fatti che incidono sulla salute? «In un anno e quattro mesi, sul gip grava un numero di processi alti, sia come richieste di misure sia come processi in aula. E non è tutto: il codice prevede termini tassativi per il deposito delle motivazioni di una sentenza, chiaro dunque che un magistrato sia costretto a stare al passo con le scadenze delle motivazioni, prima di dedicarsi alle richieste di misura cautelare». 

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