Napoli, uccisi e sciolti nell'acido:
la verità dopo dieci anni, sei arresti

Napoli, uccisi e sciolti nell'acido: la verità dopo dieci anni, sei arresti
di Viviana Lanza
Venerdì 3 Marzo 2017, 08:48 - Ultimo agg. 09:12
3 Minuti di Lettura
Invitati con una scusa a un appuntamento con il boss, uccisi in una sala biliardo con il pavimento coperto per l'occasione da un enorme tappeto, e i loro corpi seppelliti in un terreno dietro alle palazzine di via Janfolla a Miano e poi, tre anni dopo, quando lo storico capoclan si pentì e si temette che qualche suo fedelissimo potesse fare la stessa scelta, distrutti definitivamente nell'acido. E' la tragica fine di due sentinelle del clan degli scissionisti che un'inchiesta dell'Antimafia (pm Enrica Parascandolo del pool guidato dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice) ha ricostruito attraverso indagini della Dia diretta da Giuseppe Linares e con le dichiarazioni del neo pentito Antonio Lo Russo, l'ultimo dei capi storici della camorra di Miano.

È stato lui a dare la conferma alla tesi investigativa e rendere possibile l'arresto dei sei responsabili del duplice omicidio di Massimo Frascogna e Ruggiero Lazzaro, gli affiliati al clan Amato-Pagano di cui si persero le tracce la sera del 26 luglio 2007. Lui, l'ex boss che tutti ricordano immortalato a bordo campo del San Paolo, ha svelato ai magistrati i retroscena più pulp del caso di lupara bianca. Al tempo gli scissionisti e i Lo Russo erano alleati e l'accordo prevedeva che si scambiassero anche killer. Fu così che Lo Russo accettò di uccidere per conto di Cesare Pagano i due giovani che facevano le vedette nelle piazze di spaccio di Mugnano e che per aver picchiato un ragazzo senza motivo dovevano morire. Si pensò di convocarli nella sala biliardo a Miano, accanto al campo di calcetto, con la scusa che «Cesarino giocava a carte». Nel loro gergo, voleva dire che il boss avrebbe dato soldi, fingendo una pace. Frascogna e Lazzaro uscirono di casa e in moto raggiunsero il luogo dell'appuntamento. Le loro mogli denunciarono la scomparsa il giorno successivo, raccontando che in entrambe le coppie c'era stato un litigio per motivi di gelosia. I cadaveri non sono mai stati trovati e Antonio Lo Russo, da pentito, ha spiegato il perché. «Preparai io la fossa dove furono seppelliti». Fu scelto un terreno alle spalle di via Janfolla.

«Cesarino e i suoi non sapevano che avevamo sotterrato i corpi in quel posto - ha precisato - dicemmo loro che li avevamo affidati a Peppe Gallo». Poi, quando a novembre del 2010 Salvatore Lo Russo, padre di Antonio e capo storico del clan di Miano, decise di collaborare con la giustizia, «mi preoccupai che si potesse pentire anche Oscar Pecorelli - ha ricordato Lo Russo jr - e decisi quindi di far spostare i corpi». Delegò le operazioni, visto che al tempo era già latitante. «Mi trovavo in Polonia e mi rivolsi a Cenzore, gli dissi di spostare i corpi e scioglierli nell'acido». E ha chiarito: «Per farmi sapere che il servizio era stato fatto doveva scrivermi abbiamo trovato mia cugina Rosa». Il lavoro fu portato a termine secondo gli ordini: «I cadaveri li portarono abbasc' a croce e li sciolsero nell'acido». Il luogo è nei pressi del ponte del Balleria, tra via Miano e via Mianella. Con una mail il boss latitante fu rassicurato che i corpi erano stati distrutti, cancellati per sempre.

Per quel duplice omicidio il gip Francesca Ferri ha firmato ieri un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del boss degli scissionisti Cesare Pagano come mandante, di Oscar Pecorelli e Raffaele Perfetto come esecutori del delitto (loro la mano che colpì alla testa i due giovani, al loro ingresso, uno dietro l'altro, nella sala biliardo), di Rito Calzone che, secondo l'accusa, attirò nella trappola le vittime e fornì supporto al commando, di Giuseppe Gallo del clan di Torre Annunziata e amico dei Capitoni che con Mario Dell'Aquila si occupò della pulizia locali e dell'occultamento dei cadaveri.
Indagati anche i pentiti Antonio Lo Russo e l'ex uomo del clan di scissionisti Biagio Esposito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA