Napoli, corsia unica a via Marina
città off limits a chi arriva da fuori

Napoli, corsia unica a via Marina città off limits a chi arriva da fuori
di Antonio Menna
Giovedì 25 Agosto 2016, 10:49 - Ultimo agg. 14:22
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Un ragazzo nero di sole, con una pettorina arancione sul torace nudo e un jeans sdrucito, dirige il traffico sulla porta di ingresso a Napoli, quel lungo viale da via Reggia di Portici a Via Marina e allo slargo del Carmine che regala un rally di quasi due chilometri agli automobilisti che arrivano in città dai raccordi autostradali. Vigile urbano?. Il giovane sorride e dice: Magari. È solo un operaio del cantiere che da dieci mesi sta triturando i sampietrini, smontando i binari, piantando palme, rifacendo il trucco ad una delle strade più importanti della viabilità cittadina. Con una palettina rossa e verde senza alcuna insegna dà lo stop e il go agli automobilisti rassegnati che, opportunamente, perdono ogni speranza loro che entrano. C'è anche un semaforo, che il giovane invita energicamente a ignorare. Qualcuno è perplesso, abbassa il finestrino. «Mica ci stanno le telecamere? Ci fanno la multa?», chiede. «Andate, andate», rassicura l'operaio. Così l'ingorgo si sgorga prima, infilandosi in una gimkana pigra tra barriere di ferro, mucchi di sabbia, montagne di pietre, piramidi di pece nera, gru immobili, tubi, piante accatastate che offrono a chi arriva, come una beffa, lungo il miglio di ingresso in città, esattamente il retro della bella cartolina. Benvenuti a Napoli. «Ci presentiamo proprio male - dice Giovanni, seduto ai tavolini di un locale dal nome KePub Chicchirichì - Certe volte, soprattutto la sera, le code sono lunghissime». «Il cantiere è tutto sbagliato - sentenzia un signore anziano che passeggia sul marciapiede col suo cane -. Troppi zig zag, le macchine si incastrano». Ognuno dice la sua: è il destino dei lavori stradali. Anziani che guardano i cantieri. Un classico. Capannelli, opinioni e consulti. «Oggi stanno lavorando - commenta Nicola Graziuso, 63 anni, di Gianturco -. Ma io per molti giorni non ho visto nessuno».

Di fronte al lungomare prigioniero (perchè è lungomare anche questo labirinto sbriciolato di asfalto) non resta che armarsi di pazienza. I cartelloni autostradali, del resto, sembrano voler preparare gli automobilisti già nelle indicazioni sulle rampe di svincolo. Piazza Municipio, centro: cartello giallo come un rischio. Una salita, una discesa e si scivola verso il luna park cittadino, un allegro slalom che per duemila metri confonde le idee, paralizza il traffico, infila in coda indiana chi, lasciata l'autostrada, vuole entrare nel cuore di Napoli.

Fine pena, mai. Il nuovo dispositivo di traffico per i lavori - 21 milioni di euro - doveva terminare il 31 marzo 2016. Così diceva un'ordinanza del sindaco dello scorso dicembre. Ma i tempi di chiusura del cantiere sono slittati e, al momento, nessuno è in grado di indicare una data. Basta, del resto, percorrerla tutta la via per capire che si è ben lontani dalla fine. I primi cento metri dall'uscita degli svincoli sono su Via Reggia di Portici, e sono placidi. Due corsie, al centro della strada i binari del tram nascosti sotto una selva di vegetazione incolta. Poi l'imbuto, dopo Gianturco. Pompe di benzina a destra, reti metalliche a sinistra. In mezzo giusto lo spazio per un'auto. Gli scooter non ci stanno, si infilano, salgono sul marciapiede. Qualcuno viola il divieto e si infila nel cantiere. Fa lo slalom tra i lavoratori che, piegati sulla via, spaccano le pietre. Al centro della strada, mezzi pesanti, gru, sabbia, colline di risulta edilizia. Si cammina a corsia unica. A passo d'uomo si procede fino a cinquanta metri prima del parcheggio Brin, dove la via improvvisamente si biforca. Dove si va? Sinistra o destra? Nessuna indicazione. La risposta esatta è sinistra ma è come giocare al pari e dispari. Chi va verso destra si ritrova nel parcheggio Brin, dietro il deposito degli autobus. In trappola. «Quanti ne ho trovati persi qua dietro! - dice Luigi, un autista Anm che si ripara all'ombra di un palazzo -. Finiscono sulla corsia sbagliata e si ritrovano nel deposito. Per fortuna c'è un'apertura di cantiere che consente di riprendere la via». Chi sceglie la sinistra, invece, continua la gimkana, ondeggia tra buche e operai, cammina sotto un cielo di fili fitti come una ragnatela. Sono i cavi di filobus del secolo scorso. Saranno smantellati. Ma quando? La coda di auto, intanto, si riporta sul lato giusto, prima dell'incrocio con corso Lucci, e torna a stringersi tra le macchine che sostano in doppia fila davanti a un bar e ad un pub, poi si arriva - sempre senza un vigile, sempre senza un cartello - alla liberazione, dopo corso Garibaldi, lo slargo del Carmine, dove le torri aragonesi e la fontana delle Marinelle sono fasciate dalla pubblicità di Tutto a 50 centesimi, che sponsorizza il restauro non senza ironia. «Ho visto il progetto di tutta la strada - commenta Serena, impiegata di un mobilificio - e mi sembra bello. Ci saranno alberi, piste ciclabili, corsie protette e un manto di asfalto buono. Secondo me vale la pena di avere un poco di pazienza. Via Marina prima era un vero disastro. Adesso subiamo qualche disagio, è vero, però si va a migliorare, no?». «Il problema sono i tempi lunghi - replica un altro negoziante -. Per quanto dobbiamo andare avanti così? Su cantieri come questi dovrebbero lavorare decine e decine di persone per chiuderli in pochi mesi».

Un labirinto ancora più contorto tocca a chi percorre il senso opposto della strada, sul lato del porto. Davanti alle torri, a segnare la chiusura della via, non c'è un cartello stradale ma un chiosco per le premute di limoni e melograni. I due che ci lavorano offrono indicazioni stradali e bevande fresche. Qualcuno nel traffico ne approfitta. Le auto si incolonnano sotto il sole dietro i monumenti fasciati di pubblicità. L'isola ecologica del Ponte della Maddalena è deserta, ci sono due bandierine dell'Italia che sventolano sull'ingresso. Sullo sfondo i primi silos delle raffinerie. A sinistra le grate metalliche del cantiere. Qualcuno spazientito dal traffico le ha piegate, costruendo una via di fuga che alcuni prendono per tagliare. «Noi ultras non made in China», recita una scritta polemica su un muro sbrecciato che costeggia la zona di insediamento commerciale dei cinesi. «Vero artigianato napoletano», dice il cartello poggiato davanti ai piedi di un uomo di mezza età che, seduto sotto un ombrellone, vende Pulcinella prigionieri in bottiglioni di vetro. Ondeggiando così, lenti e pazienti, nel budello si torna su Via S. Erasmo, si fanno due rondò e ci si riavvia sulla strada principale. Ancora transenne, ancora gru al lavoro, file di palme già piantate, altre palme accatastate come manichini, pronte per essere collocate negli angusti cerchi di gesso in cui proveranno a vivere. E nemmeno un vigile urbano. Arriva così, come una liberazione, il nuovo cartello per le autostrade. Poche buche ancora, e Napoli rimane alle spalle, sotto quelle rampe che la portano via, con la sua bellezza di lontananza, e il dramma di tutte le vicinanze.
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