Napoli, crepe e cornicioni a rischio
già 1.243 casi dall’inizio dell’anno

Napoli, crepe e cornicioni a rischio già 1.243 casi dall’inizio dell’anno
di Valerio Iuliano
Sabato 27 Agosto 2016, 10:32 - Ultimo agg. 19:43
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Cornicioni traballanti, terrazzi pericolanti e, nelle eventualità più tragiche, persino crolli di interi stabili. Le condizioni precarie del patrimonio abitativo cittadino vengono confermate dai numerosi interventi, susseguitisi ancora più frequentemente negli ultimi anni, dei vigili del fuoco e dei tecnici comunali della protezione civile. Più di mille ogni anno le ordinanze che segnalano i pericoli. La mancanza di manutenzione degli immobili privati rappresenta, a giudizio degli addetti ai lavori, la motivazione principale dei dissesti. Una ragione che sembra prevalere anche sui difetti strutturali degli edifici. Oppure, in alcuni casi, gli stessi problemi statici di tanti palazzi di Napoli vengono fortemente acuiti dall’incuria. Per scongiurare le conseguenze più nefaste, ai proprietari degli immobili a rischio resta molto spesso una sola possibilità: invocare un intervento dei vigili del fuoco, prima che sia troppo tardi. Lo sgombero dell’edificio è la soluzione adottata nei casi più disperati. Un’eventualità verificatasi per sei volte negli ultimi due anni e che è servita ad evitare vittime. Molto più frequente, invece, la scelta di un’altra strada, con l’avvio di una procedura di diffida per i lavori di manutenzione, nei confronti de gli stessi proprietari. 

Dal primo gennaio ad oggi, sono in tutto 1.243 i sopralluoghi dei tecnici che, dopo aver provveduto alla messa in sicurezza della zona, quasi sempre diffidano i proprietari per avvisarli dell’assoluta necessità di effettuare i lavori di manutenzione, in modo da eliminare il pericolo. Poco più di mille le diffide inviate quest’anno. Un atto previsto, peraltro, dall’articolo 1122 del codice civile, secondo cui «nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti destinate all’uso comune, il condòmino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio». L’articolo del codice civile sembra calzare a pennello per gli innumerevoli abusi edilizi, quasi sempre rovinosi per la staticità dei fabbricati. E la diffida da parte dei tecnici si richiama anche all’articolo 677 del codice penale, con una sanzione amministrativa per il «proprietario di un edificio o di una costruzione che omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo». Ma la mancata rimozione dello stesso pericolo può sfociare anche nell’arresto. Il passaggio determinante è pero quello successivo alla diffida.

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