Il Napoli non nasconde l'intenzione di recitare la propria parte una volta che gli interventi presentati da De Magistris verranno ultimati. Il Napoli sogna uno stadio di proprietà, la realtà è un San Paolo che mantiene il suo fascino ma anche tutti i vincoli di una struttura che non si può stravolgere. Migliorare quello sì ed è lo sforzo che il Comune sta facendo per rendere l'impianto a misura, oltre che dei tifosi, anche dei tanti ospiti della società. Il Napoli, da parte sua, dopo aver accantonato l'idea di un restyling tutto suo, pensa e progetta una serie di investimenti che dovranno essere realizzati al termine di questo primo step di lavori. Interventi su misura, servizi dedicati ai privati per arricchire l'esperienza della visione della partita. Un po' come succede per i contenuti premium delle tv, si pensa a come offrire un qualcosa in più rispetto al tradizionale posto a sedere: parcheggio e accesso riservati, catering, sale riunioni, palchi. All'estero - dall'Emirates di Londra all'Allianz di Monaco di Baviera - il giro d'affari è notevolissimo, senza dimenticare le ricadute sull'immagine del club. Il Napoli pensa a come ampliare gli spazi esterni, a come allestire gli sky box seguendo gli esempi anche dello Juventus Stadium e della Dacia Arena di Udine che (con il Mapei Stadium del Sassuolo) sono gli unici impianti di proprietà di una società calcistica in Italia. L'area corporate di San Siro frutta ai club milanese quasi una trentina di milioni di ricavi e ogni anno i club meglio attrezzati riescono ad ampliare le loro aree hospitality.
E il Napoli? Dalla fase 2 del progetto San Paolo, quella in cui il club azzurro dovrà recitare la sua parte per rendere la sua casa più ospitale e più redditizia, De Laurentiis non intende sottrarsi. Chiaro, prima vanno ultimati questi interventi fondamentale per rendere quanto meno decente una struttura che è vecchia ed è poco ospitale. Una caratteristica della maggior parte degli stadi italiani, per intenderci. Ma poi basta andare fuori, a Istanbul o a Kiev per restare alle ultime due trasferte internazionali del club azzurro, per restare estasiati dinnanzi a strutture moderne e ospitali. L'importante restyling, dunque, è solo il primo, gradito passo da parte del club azzurro. L'head of operation, Alessandro Formisano, nelle prossime settimane manterrà i contatti con i vertici del Comune.
Ma è chiaro che sia l'ad del club Andrea Chiavelli che il patron Aurelio De Laurentiis seguiranno in prima persona l'evoluzione dei lavori allo stadio.
Sul tavolo tante idee, tutte da sviluppare: come magari la realizzazione del famoso museo del club azzurro e altri store all'interno dello stadio. E persino delle visite guidate, come avviene al Bernabeu o al Nou Camp. Insomma, il Napoli sa bene che ogni intervento all'interno dello stadio, terminati quelli del Comune, sarà finalizzato ad ampliare il suo brand commerciale. Perché i monumenti di proprietà comunale non fanno cassa, e la mancanza di uno stadio moderno è considerata una grossa difficoltà da superare quando si tratta di coinvolgere investitori stranieri. La capienza? Il Napoli vuole abbassarla, portandola a non più di 45mila spettatori, con giocatori e tecnici, dunque, gomito a gomito con il pubblico secondo una filosofia che punta ad avvicinare gli spettatori al terreno, allo spettacolo come se si fosse a teatro. Ma di questo si parlerà in futuro.