Napoli, fugge il pistolero dei baretti: l'incubo vendetta del clan Formicola

Napoli, fugge il pistolero dei baretti: l'incubo vendetta del clan Formicola
di Leandro Del Gaudio
Martedì 21 Novembre 2017, 23:59 - Ultimo agg. 22 Novembre, 12:04
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Non è andato all’ospedale San Paolo di Fuorigrotta, quello più vicino alla sua abitazione, ma si è fatto portare a Pozzuoli. E una volta arrivato alla «Schiana», di fronte ai carabinieri che gli chiedevano come avesse subito quelle coltellate, ha raccontato una storia campata in aria, utile però a sviare le indagini sulla rissa di Chiaia: «Ho subìto una rapina del cellulare, nei pressi del porto di Pozzuoli, ho reagito e mi hanno accoltellato...». 
Eccole le parole messe agli atti dal ventenne che ha sparato all’impazzata contro la folla, nella notte di follia e violenza nella zona dei baretti. È lui quello che ha premuto il grilletto, reagendo con la pistola alla violenza ordita da un gruppo di una trentina di giovani teppisti provenienti da San Giovanni a Teduccio, con il nulla osta del clan Formicola. È lui quello che ha reagito dopo averle prese, decidendo di impugnare la pistola che portava addosso, quando aveva deciso «scendere nella zona dei baretti». Personaggio noto alle forze dell’ordine, da sempre attivo tra la zona della Loggetta e del rione Traiano, il ventenne che ha sparato come in un assurdo Bataclan napoletano è in fuga da giorni. Dalle sue parti è una specie di eroe, visto il clamore con cui è stata seguita - specie sui social - la storia della rissa e della sparatoria di Chiaia.

Scenario complesso, che ha spinto il procuratore Gianni Melillo a creare una sorta di sezione ad hoc di pm che si occuperà del fenomeno - ormai sempre più allarmante - della delinquenza giovanile. Un progetto maturato alla luce dei tanti episodi di criminalità che vedono coinvolti molti giovani, con una particolare attenzione dedicata al mondo dei social, dimensione ora più che mai naturale per i nativi digitali. 
Ma torniamo all’inchiesta sulla rissa e sulla sparatoria avvenute in via Carlo Poerio la notte tra sabato e domenica. Indagini affidate ai pm Antonella Fratello e Celeste Carrano, vale a dire ai pm che si occupano - rispettivamente - dell’area orientale (da dove è partito il branco di trenta soggetti legati ai Formicola) e dell’area di Chiaia, dove si è consumato il fatto. 

Una vicenda ricostruita grazie alla testimonianza di decine di «sopravvissuti», che hanno chiarito cosa è accaduto nella zona dei baretti: dopo l’ingresso del branco proveniente da San Giovanni, qualcuno ha impugnato un’arma e ha fatto fuoco. Aveva rimediato alcune coltellate, era ferito, non ha esitato a sparare cinque sei volte contro la folla (colpendo senza gravi conseguenze almeno quattro minorenni), prima di lasciare la zona. 

 

Ora sul suo conto gli inquirenti hanno le idee chiare, anche alla luce della strategia adottata nelle ore immediatamente successive ai fatti di Chiaia. Originario di Fuorigrotta, esce dalla zona dei baretti, sa di averla fatta grossa. Nella sua ottica si è difeso da un’aggressione ingiustificata, ha respinto calci, pugni e coltellate che gli sono arrivati addosso senza alcun motivo. Esce dai baretti e cammina a testa alta. Sanguina e ha bisogno di un ospedale. Non va a casa, fedele all’istinto di chi è cresciuto «nelle tarantelle di mezzo alla strada» e sa bene che certe cose non si portano nelle quattro mura domestiche, che è il primo punto dove «le guardie» ti vengono a cercare. 

Se ne va a Pozzuoli, per poi far perdere le proprie tracce. Dopo aver recitato la parte della vittima di una rapina, decide di non tornare a casa, dove vive assieme ai familiari.  Sa che ha il fiato sul collo degli inquirenti, passa ore a smanettare sul cellulare fino alle prime ore di domenica mattina, quando dai siti internet ottiene la certezza di non aver ammazzato nessuno, con un bollettino che parla «solo» di quattro feriti dai colpi di pistola. Non torna a casa, però, tanto che nella notte tra domenica e lunedì, gli inquirenti bussano inutilmente alla sua abitazione. 

Sparito, in fuga. Su di lui pesa la testimonianza di un ferito, che ha parlato di un ragazzo che impugnava con entrambi le mani la pistola e che sparava «all’altezza della faccia», costringendo tutti a scappare tra vicoli e stradine di Chiaia.

Intanto, però, al di là della caccia al pistolero di Fuorigrotta, si concentrano le indagini sulla bestialità dell’ingresso del branco di San Giovanni a Teduccio. C’è una doppia esigenza investigativa: individuare i responsabili della rissa, delle ferite apportate senza un motivo a tanti ragazzi che si attardavano nella zona dei baretti; ed evitare una vendetta da parte dei Formicola. Come è noto, sono almeno due minori colpiti nel corso della sparatoria che portano cognomi pesanti: cognomi che riconducono l’attenzione al bronx di via Taverna del Ferro, alla roccaforte dei Formicola, mai come in questo periodo desiderosi di tornare nella zona dei baretti.

Ma restiamo a quei minuti di terrore. Indagine affidata alla mobile del primo dirigente Luigi Rinella e al commissariato locale diretto dal primo dirigente Maurizio Fiorillo, c’è un punto misterioso tutto da mettere a fuoco, almeno secondo le testimonianze raccolte fino a questo momento. 

Un primo gruppo del branco di Napoli est fa incursione nella zona dei baretti passando da vicoletto Satriano, per poi ritrovarsi alle spalle della scuola materna Carlo Poerio. È qui che si fondono ad altri teppisti, anch’essi probabilmente provenienti dallo stesso quartiere, quasi a voler seguire una sorta di copione. Ed è ancora da questo punto, dalla zona della «scuola rosa», che il branco si compatta e ritorna in via Poerio, questa volta per cercare rogne, per colpire duro e senza un motivo. Possibile che la struttura della scuola materna sia stata utilizzata - forse anche in altre serate simili - come luogo di raccolta o come covo per reperire spranghe e armi conservate in precedenza.

Decisiva la ricostruzione della rissa, alla luce di immagini e delle testimonianze finora raccolte.

Indagini che fanno leva anche sulla voglia di vendetta di chi era andato a provocare ed è stato costretto a battere in ritirata dopo l’imprevedibile sventagliata di proiettili. Facile immaginare infatti che proprio in queste ore vengono captati propositi di violenza, in una sorta di caccia all’uomo condotta in parallelo rispetto al lavoro delle forze dell’ordine. Ma restiamo a quanto messo nero su bianco da parte dei testimoni ascoltati in questi giorni. Stando al racconto delle vittime della prima aggressione, sembra che l’obiettivo di quelli provenienti dall’area orientale di Napoli fosse quello di comandare. Spiegano agli inquirenti alcuni testimoni: «Urlavano “qua ci stiamo noi, qua ci stiamo noi”, senza motivo hanno iniziato a spingere e a colpire con pugni e spranghe». Un raid organizzato, premeditato, secondo un copione che era andato in scena già in altre occasioni, anche se in forme differenti. E ci sono anche altri punti da verificare. Come il rapporto tra alcuni esponenti dei Formicola con alcuni pusher della zona dei baretti, come se in ballo ci fosse il controllo di una piazza di droga stile vele di Scampia. Verifiche in corso anche sul ruolo svolto da alcuni parcheggiatori abusivi, messi dalla camorra a presidio della movida, che potrebbero avere legami proprio con il retroterra criminale di Napoli est. Indagini in corso, mentre si attende un piano per blindare la movida, ostacolare nuovi scontri tra camorristi in erba, impedire vendette sul campo. 

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