Appalti e clan, i Cesaro si difendono
«Non ci servono soldi dalla camorra»

Appalti e clan, i Cesaro si difendono «Non ci servono soldi dalla camorra»
di ​Mary Liguori
Giovedì 25 Maggio 2017, 14:11 - Ultimo agg. 20:04
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«Avevamo una disponibilità di 130 milioni di euro presso la Unicredit Banca in merito al project financing per il Pip di Marano, perché mai avremmo dovuto chiedere soldi alla camorra?»: si sono difesi così Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli del deputato Luigi, stamane durante l'interrogatorio di garanzia durante il quale hanno reso spontanee dichiarazioni.

In carcere da ieri mattina, gli imprenditori di Sant'Antimo accusati di concorso esterno in associazione mafiosa con i Polverino, si sono professati innocenti dinanzi al gip Francesca Ferri, che ne ha firmato l'arresto, e ai pm della Dda Giuseppe Visone e Mariella Di Mauro, titolari del fascicolo d'indagine sfociato nell'operazione «Prisma» eseguita ieri dal Ros dei carabinieri.
 


I Cesaro, difesi dagli avvocati Paolo Trofino, Vincenzo Maiello e Raffaele Quaranta, hanno chiesto di essere ascoltati proprio dai procuratori aggiunti nei prossimi giorni, dopo che avranno avuto il tempo di leggere la cospicua ordinanza spiccata a loro carico.

Si è difeso anche l'ingegnere Oliviero Giannella, finito a sua volta in carcere con l'accusa – tra le altre - di avere collaborato alla presunta falsificazione degli atti inerenti il Pip di Marano e di essere stato il «tecnico di fiducia del boss Giuseppe Polverino». «Da un anno denuncio pressioni da parte della camorra, ne ho parlato ai carabinieri», la difesa del professionista. 

Poco fa si è tenuto anche l'interrogatorio degli altri due indagati, Antonio e Pasquale Di Guida, difesi dagli avvocati Antonio Briganti e Alfonso Vozza. Pasquale ha risposto alle domande del gip chiarendo la propria posizione, mentre l'ex assessore provinciale di Forza Italia, Antonio, ha reso spontanee dichiarazioni ed chiesto di essere sentito dai pm nei prossimi giorni.  

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