Napoli, ingegnere ucciso sotto casa. «Per mia figlia lo choc arrivato via Facebook»

di Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 30 Novembre 2016, 08:29 - Ultimo agg. 14 Febbraio, 17:30
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Era tornata a casa in quel momento, Elena Grande, 41 anni, la moglie di Vittorio Materazzo, l’ingegnere napoletano ucciso l’altra sera a pochi passi dall’androne del palazzo dove viveva con la famiglia al civico numero 3 di viale Maria Cristina di Savoia. Aveva appena messo le chiavi nella serratura, la signora Materazzo, quando ha sentito delle urla e una gran confusione che proveniva proprio dall’androne.

Che cosa ha fatto a questo punto?

«Sono tornata subito giù, avevo capito che stava accadendo qualcosa di grave. Sentivo un vociare concitato, molta agitazione, qualcuno che chiedeva aiuto...».

Ha pensato che potesse essere accaduto qualcosa a suo marito?

«Ma no. Non sapevo neanche a che ora sarebbe rientrato, l’avevo sentito l’ultima volta intorno alle 17, ci eravamo dati appuntamento a casa, in serata».

Era tranquillo quando gli ha parlato? C’era forse qualcosa che lo preoccupava?

«Proprio niente se non quelle normali difficoltà legate al mondo del lavoro che appartengono un po’ a tutti. L’altra mattina mi sembrava sereno come al solito. Era uscito molto presto, poco prima delle sette, aveva passato l’intera giornata in cantiere tant’è che eravamo riusciti a sentirci solo una volta».

Molti impegni, dunque?

«Mio marito ha sempre lavorato tanto, in questo periodo anche più del solito. In ogni caso era un uomo tranquillo, chiedete ai suoi amici: lavoro, famiglia e sport, lo sci che lui amava tanto».

Torniamo all’altra sera. Dopo aver messo le chiavi nella toppa ha sentito un caos sospetto e si è precipitata giù.

«Qui lo spettacolo è stato agghiacciante: ho visto mio marito a terra, accanto a lui la borsa da lavoro e le chiavi. Aveva parcheggiato l’auto in garage come al solito e poi era entrato nel palazzo attraverso il portoncino laterale».

Qui ad attenderlo ha trovato l’aggressore?

«Non è ancora chiaro se qualcuno lo ha seguito, ed è entrato con lui, oppure lo ha aspettato all’interno del palazzo dopo essere passato attraverso il portone principale. Comunque lo ha affrontato dentro anche se poi ha continuato ad aggredirlo fuori».

Quando ha visto suo marito in quelle condizioni che cosa ha pensato potesse essere successo?

«Una colluttazione, perfino banale dirlo. Forse una rapina finita male, o forse no: la mia confusione era totale, desideravo solo che arrivassero i soccorsi».

E i bambini? Erano a casa?

«Sì, in camera loro. E su questo ho letto una serie di sciocchezze. Per la verità in queste ore ne sto sentendo davvero tante di inesattezze, invenzioni e falsità».

A che cosa fa riferimento?

«Non è vero che è stato mio figlio a trovare il papà in quelle condizioni nell’androne, i bambini per fortuna erano già a casa. Piuttosto mia figlia lo ha saputo leggendo facebook, e questo è stato terribile». Lei non glielo aveva detto? «Non sapevo neanche io che cosa fare. Per prendere un po’ di tempo le ho detto che Vittorio non si era sentito bene ed era andato ospedale».

E invece?

«Quando sono tornata giù ho ricevuto un whatsapp dalla bambina». Lo aveva già saputo da altri? «Mi ha mandato un link trovato su facebook nel quale si leggeva tutto quello che era successo al padre. È stato terribile. Il mio obiettivo adesso è uno solo: tutelare i miei figli che dovrò crescere senza il loro papà e salvaguardare una famiglia di persone serie e perbene che sta vivendo un dramma senza fine».

Che idea si è fatta di tutta questa storia? Che cosa può essere accaduto?

«Non spetta a me, e a nessuno della famiglia Materazzo, formulare ipotesi, ipotizzare esecutori o mandanti. Aspettiamo l’esito delle indagini, saranno gli investigatori a dirci che che cosa è successo, abbiamo piena fiducia in loro convinti come siamo che sapranno presto trovare la verità».

Che lei sappia suo marito aveva nemici?

«Proprio no. Nè sul lavoro e nemmeno tra gli amici. Vittorio era una persona corretta e benvoluta. Nella vita, come capita a tutti, sarà pure entrato in disaccordo con qualcuno ma sempre nell’ambito della più assoluta normalità. Mio marito era una persona mite e cordiale».

C’è chi parla di problemi familiari collegati a questioni ereditarie. Diverbi e contrasti. Potrebbe essere una pista da seguire?

«Lo voglio ripetere con chiarezza: non facciamo congetture e soprattutto non sappiamo nulla, ma mi sento di escludere questioni ereditarie. Siamo una grande famiglia: tanti figli e una quantità di nipoti, è chiaro che qualche contrasto talvolta può esserci anche stato, è fatale che sia così, ma quella dei Materazzo è una famiglia unita. E lo dimostra il fatto che in tanti abitiamo nello stesso palazzo da anni».

Suo marito aveva chiesto la riesumazione della salma del padre: che cosa temeva?

«Questa è un’altra storia. E anche in questo caso se ne sta occupando la magistratura, c’è un esposto, si vedrà. Non spetta a me dire che cosa potrebbe accadere . Io adesso ho un solo obiettivo che devo perseguire fino in fondo».

Di quale obiettivo parla?

«Garantire amore e serenità ai miei bambini, ai miei nipoti, a tutti i miei parenti.
Quello che è successo merita rispetto: il nostro è un dolore enorme che ci accompagnerà tutta la vita e sul quale non tollereremo intrusioni, cattiverie e speculazioni di alcun genere».
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