Napoli. Narducci: «Io, da assessore ero inorridito per la gestione immobiliare»

Napoli. Narducci: «Io, da assessore ero inorridito per la gestione immobiliare»
di Paolo Barbuto
Sabato 13 Febbraio 2016, 08:48
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Dopo venticinque anni, Giuseppe Narducci lasciò temporaneamente il suo ruolo di magistrato, si allontanò dagli uffici della Procura della Repubblica per seguire Luigi De Magistris nell'avventura che aveva appena iniziato. Era la primavera del 2011, accettò con entusiasmo la carica di assessore ai diritti, alla trasparenza e alla legalità: un impegno che, a leggerlo solamente, mette i brividi. Fu promotore, assieme agli assessori Realfonzo (bilancio) e Tuccillo (patrimonio) della delibera che abbiamo pubblicato ieri: la Giunta, compatta, chiedeva che la gestione del patrimonio immobiliare subisse una svolta, che le abitazioni nei luoghi di pregio venissero cedute a prezzi di mercato e non svendute, che gli oltre sette milioni di fitti passivi fossero cancellati dal bilancio portando gli uffici all'interno di strutture di proprietà del Comune. Quella delibera s'è perduta immediatamente nei meandri di Palazzo San Giacomo. Dopo un anno, il magistrato presentò una lunga lettera di dimissioni e tornò alla sua professione (oggi è al tribunale del Riesame di Perugia) spiegando, tra l'altro, che uno dei motivi riguardava «...le centrali questioni riguardanti gli assetti della gestione del nostro patrimonio per permettere all'ente di riprenderne, finalmente e pienamente, il controllo, questioni sulle quali ho manifestato opinioni che appaiono minoritarie...».

Narducci, ricorda i giorni in cui si preparava la delibera che avrebbe rivisto la gestione del patrimonio immobiliare?
«Mi mancano molti dettagli però ho il ricordo preciso di un momento: quello in cui guardavamo come andava la gestione del Patrimonio del Comune ed eravamo inorriditi».
Parla al plurale, chi era inorridito?
«Ricordo che per un lungo periodo iniziale l'argomento l'affrontavamo in tre: io, Riccardo Realfonzo e Bernardino Tuccillo. Eravamo noi quelli inorriditi».
E presentaste la proposta di delibera che venne accolta dalla Giunta.
«Certo, era un documento molto articolato. Ci eravamo detti che non c'era altra possibilità, bisognava intervenire presto e con determinazione».
Poi cosa è successo? L'entusiasmo che vi aveva spinti alla delibera s'è spento?
«Beh, sei mesi dopo io e Realfonzo abbiamo presentato le dimissioni. Qualche tempo dopo anche Tuccillo l'ha fatto. Basta questa come risposta?»
Beh, non proprio. Anche la gestione del patrimonio ha determinato le dimissioni?
«L'ho scritto nella lettera al sindaco con la quale rimettevo il mio mandato».
Ricorda qualche particolare che vi fece inorridire?
«Ricordo che guardavamo i documenti e scoprivamo una situazione realmente disastrosa, sotto ogni profilo, soprattutto sull'edilizia pubblica residenziale affidata ai privati. Ci rendevamo conto che una porzione rilevante del patrimonio del Comune era stata usata troppo spesso in maniera clientelare e per questo motivo l'Amministrazione comunale , quindi i cittadini, erano costretti ad accollarsi spese ingentissime».
Ci fa qualche esempio?
«Solo un quadro generale. Ad esempio, a soggetti privati di varia natura venivano messe a disposizione strutture di ogni genere. E sistematicamente il canone era irrisorio, quando addirittura erano stati stabiliti accordi per unaoccupazione a titolo gratuito. E poi c'era la situazione dell'affidamento in fitto a prezzi assolutamente lontani dal mercato, troppo bassi, fuori norma».
Perciò decideste di farvi promotori della delibera che doveva cambiare la gestione del patrimonio.
«Quello che vedevamo era assolutamente illogico, una situazione che gridava vendetta. Bisognava riappropriarsi del patrimonio, fare in modo che quegli immobili portassero introiti alla comunità, e non che fossero gestiti come merce di scambio per favori a enti, strutture, circoli, che non meritavano nemmeno di avere quegli immobili».

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