Napoli, ingegnere ucciso a Chiaia
ferite alla mano e abiti larghi
i dubbi sull'alibi del fratello

Napoli, ingegnere ucciso a Chiaia ferite alla mano e abiti larghi i dubbi sull'alibi del fratello
di Leandro Del Gaudio
Sabato 3 Dicembre 2016, 08:33 - Ultimo agg. 9 Giugno, 13:41
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Aveva vestiti e scarpe più larghe rispetto alla sua taglia, un particolare che ha insospettito gli inquirenti fin dal primo momento. Poi quei segni sulla mano sinistra, piccole ferite. Indizi. Che si sommano ad altri indizi, che non costituiscono una prova, ma che bastano ad imprimere una svolta nelle indagini sull'omicidio di Vittorio Materazzo. Venerdì mattina, la Mobile mette a segno un blitz che sembrava ormai annunciato: un decreto di perquisizione a carico di Luca Materazzo, il fratello minore dell'ingegnere ucciso lunedì sera in viale Maria Cristina di Savoia. È indagato, Luca. Lo accusano di omicidio volontario, sulla scorta di una serie di elementi raccolti in questi giorni che, evidentemente, sono sufficienti ad indirizzare l'inchiesta nei suoi confronti, ma non a spiccare un provvedimento di arresto.


Cosa ha in mano la Procura? Cosa spinge i pm ad ipotizzare uno sbocco tanto grave? Andiamo con ordine, seguendo le mosse degli inquirenti, alla luce di quanto emerge dal decreto di perquisizione che gli è stato notificato ieri mattina. Le ferite Non sono passate inosservate. Aveva alcuni taglietti alla mano sinistra, ferite fresche. Lunedì sera, Luca Materazzo è stato ascoltato come testimone in Questura, la sua deposizione è durata diverse ore, ma quando gli hanno chiesto come si fosse procurato quei taglietti, ha raccontato una storia che non pare abbia convinto gli inquirenti: tagli alla mano sinistra, mentre affettava una mela a pranzo. Quanto basta comunque a spingere ieri gli inquirenti a disporre un'analisi medico legale su quelle ferite, puntualmente fotografate dagli uomini della Mobile. Le scarpe È un altro punto indicato nelle indagini. Luca indossava scarpe e indumenti (probabilmente pantaloni) più larghi rispetto alla sua taglia.


Quindi? Secondo una ricostruzione non ancora definita, Luca potrebbe essersi cambiato dopo aver gettato via gli abiti e le scarpe sporche di sangue. Versione al momento respinta in modo categorico. Difeso dai penalisti Francesco Carotenuto e Alfredo Sorge, Luca prova a scrollarsi di dosso l'accusa di essere un mostro. E chi lo frequenta, ricorda che tutti i suoi abiti hanno delle taglie in più, che tutto il suo guardaroba ha questo tipo di caratteristica. Il blitz Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, al lavoro i pm Francesca De Renzis e Luisanna Figliolia, ieri mattina la Mobile ha sequestrato alcuni oggetti dall'abitazione di Luca: hanno portato via un computer, una pen drive, un asciugamani, un cellulare. Già un asciugamano, un elemento che potrebbe svelare molto alla luce delle indagini della polizia scientifica. Subito dopo l'omicidio, infatti, la polizia ha trovato una busta con indumenti sporchi di sangue, all'interno della quale era presente anche un asciugamano. Un particolare sinistro, che spinge a pensare che il delitto fosse premeditato, con l'assassino che si preoccupa di munirsi di una busta dove nascondere gli abiti e di un asciugamano per cancellare le tracce di sangue dal manico del coltello e dal proprio corpo. Possibile a questo punto è un confronto tra il «pezzo» di toilette trovato a casa di Luca e quello insanguinato buttato in una zona isolata di Chiaia.


I tamponi Tanti indizi, nessuna prova certa al momento. Luca è un sospettato, non è un colpevole. Manca la svolta, che potrebbe arrivare solo da un elemento oggettivo, come la prova del Dna. Quanto basta a spingere gli inquirenti, ieri mattina, ad effettuare due tamponi salivari nei confronti di Luca, dal momento che sul corpo di Vittorio sono stati trovati reperti organici non propri. Sangue, saliva, capelli, peli: possibili tracce dell'assassino, che ora vanno confrontati all'esito dei tamponi salivari. Un'analisi condotta dal gabinetto di polizia scientifica, agli ordini del primo dirigente Fabiola Mancone, che in queste ore attendono anche il confronto tra le tracce lasciate dall'assassino sul luogo del delitto (e nelle vicinanze, a giudicare dagli indumenti trovati) e il Dna riconducibile a Luca. Analisi molto delicata, dal momento che - in presenza di due fratelli - il margine di vicinanza dei due corredi genetici è molto alto. Ma torniamo agli indizi che hanno spinto gli inquirenti a spingere l'acceleratore. Torniamo a lunedì notte, quando da qualche ora i parenti di Vittorio Materazzo vengono ascoltati in via Medina come potenziali testimoni. L'alibi Per diverse ore, Luca Materazzo viene ascoltato.


Ferite alla mano sinistra, scarpe e pantaloni più larghi, volto affranto dal dolore per la morte del fratello.

Ma cosa risponde alla domanda clou? Cosa dice, quando gli chiedono dove si trovava al momento del delitto? Risposte evasive, sembra di capire. Era a vedere la partita del Napoli, anche se non sembra abbia indicato il locale nel quale si sarebbe attardato ad assistere al match casalingo contro il Sassuolo. Era in una pizzeria? In un pub? Un po' qua, un po' là - pare abbia detto - sempre e comunque in locali affollati. L'arma del delitto È stata trovata subito dopo il delitto, non lontano da una busta nella quale c'erano anche dei vestiti e un asciugamano inzuppato di sangue. Reperti che ovviamente non vengono ricondotti a Luca Materazzo, che non possono essere considerati delle prove a carico di qualcuno. Erano in una specie di discarica in uno dei vicoli che conduce a una strada interrotta, vale a dire a vico Santa Maria della Neve. Zona desolata e buia, nel cuore di Chiaia, dove l'assassino di Vittorio si è disfatto dei vestiti, dopo aver seminato un inseguitore, e dove probabilmente ha indossato scarpe e pantaloni puliti. Zona dove sono state rinvenute quelle tracce che ora attendono gli esiti delle verifiche fatte su Luca, il fratello minore di Vittorio, oggi costretto a difendersi dalla peggiore delle accuse possibili.

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Il luogo del delitto

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