Napoli. Presi i killer del tatuatore di Lavezzi: l'ordine partì da Milano

Napoli. Presi i killer del tatuatore di Lavezzi: l'ordine partì da Milano
di Leandro Del Gaudio Marco Di Caterino
Venerdì 30 Ottobre 2015, 08:17 - Ultimo agg. 08:22
3 Minuti di Lettura

Fu deciso a Milano l'omicidio del tatuatore Gianluca Cimminiello. In un appartamento del capoluogo lombardo, dove il boss Arcangelo Abete era stato messo ai domiciliari formalmente per motivi di salute, per dimostrare la forza di un gruppo che di là a poco si sarebbe impegnato nella cosiddetta terza faida di Scampia.

Eccolo il retroscena dell'omicidio di un uomo di 31 anni, un artista e un professionista nel suo genere, quello dei tatuaggi.

Una storia per molti versi nota, che oggi si arricchisce grazie alla testimonianza della fidanzata della vittima, da cinque anni testimone di giustizia in località protetta, e al contributo di almeno cinque collaboratori di giustizia. Accuse culminate negli ordini di arresto a carico di Arcangelo Abete, 46 anni, capoclan di Scampia, ritenuto mandante dell'omicidio, che con questo delitto avrebbe inaugurato una nuova stagione di morte (la cosiddetta terza faida contro i girati della Vannella grassi); ma anche a carico di Raffaele Aprea, 33 anni, ritenuto l'organizzatore e esecutore materiale del delitto di Cimminiello, consumato assieme a Vincenzo Russo, di 36 anni. Ma la posizione di quest'ultimo indagato va messa bene a fuoco: ieri Russo è stato arrestato per associazione camorristica, mentre è imputato a piede libero per l'omicidio del tatuatore. Era stato condannato in primo grado e in appello, ma in Cassazione i giochi si sono riaperti, sulla scorta di una nuova valutazione delle intercettazioni (su richiesta del suo avvocato, il penalista Giuseppe Ricciulli), rendendo possibile la sua scarcerazione. Ma perché uccidere il tatuatore? Cosa ha reso necessario un summit a Milano dei vertici dell'ala scissionista della camorra per colpire a morte il professionista 31enne? Una decina di giorni prima della sua morte, Gianluca postò sulla sua pagina di facebook una foto con l'ex calciatore del Napoli Lavezzi, realmente scattata all'esterno dello stadio, ma presentata con un montaggio dal quale sembrava che il bomber fosse stato ospite nel laboratorio del tatuatore. Quanto basta a scatenare invidie da parte di un altro esperto del ramo, tale Vincenzo Donniacuo, tatuatore di Melito e amico di affiliati agli scissionisti. E' a partire da questo scenario che ha inizio una sequenza di eventi culminati nell'omicidio di Gianluca, come ricostruito dai carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA