Materazzo, l'incubo di Chiaia: «Correte, ho visto Luca al supermarket»

Materazzo, l'incubo di Chiaia: «Correte, ho visto Luca al supermarket»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 23 Gennaio 2018, 10:42
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Per oltre un anno è stato una sorta di incubo per tanti residenti nella zona in cui è stato ammazzato Vittorio Materazzo. Per oltre un anno, il volto di Luca, l'ormai ex ricercato per la morte del fratello, ha alimentato non poche suggestioni e rimandi immediati. Una sorta di psicosi, almeno a leggere gli atti che sono stati depositati in questi mesi dai pm, in vista della prima udienza a carico dell'imputato Luca Materazzo. Tre persone che credono di averlo visto in strada o al supermercato, due denunce formalizzate dinanzi ai carabinieri, finanche due anonimi giunti in Procura. Esposti e (falsi) allarmi, che hanno alimentato la caccia all'uomo che si è conclusa a Siviglia all'inizio di questo mese, con il blitz della polizia spagnola in un bar del centro e l'arresto del presunto assassino di Vittorio Materazzo.

Eppure, prima ancora delle manette e del blitz in Andalusia, il «fantasma» di Luca Materazzo si aggirava tra la fine di corso Vittorio Emanuele, lato Mergellina, via Giordani, via San Filippo, via Piedigrotta, insomma in quei posti dove Luca ha vissuto e dove più intenso è stato il contraccolpo psicologico di quelle quaranta coltellate. Ma restiamo alle pagine del processo. Prima udienza sette febbraio, dinanzi al gup Sabella, la Procura ha presentato la sua lista testi: sono 25 i nomi indicati per essere sottoposti al vaglio del giudice, tra testimoni oculari, poliziotti, consulenti, fino alle stesse parti offese, vale a dire le sorelle dell'imputato e della vittima, e la vedova di Vittorio Materazzo.
 
Intanto, dalle pieghe delle indagini emergono elementi legati alla psicosi di un pezzo di Chiaia, con la convinzione di alcuni cittadini di aver incrociato «quella faccia da bravo ragazzo, volto rasato, espressione contrariata, ben vestito», proprio all'esterno delle proprie abitazioni. È il 27 dicembre del 2016, Luca Materazzo è latitante da un paio di settimane, tutti i giornali parlano della sua fuga, quando dai carabinieri si presenta un residente in via Piedigrotta: «Mentre uscivo dall'ascensore dello stabile in cui risiedo, ho incrociato un uomo che non avevo mai visto, che ha risposto al mio saluto di buonasera, un uomo che non avevo mai visto fino ad ora. Ieri sera, poi, ho visto il telegiornale su Rai 3, hanno mostrato la foto di Luca Materazzo, ho avuto un sussulto. L'uomo che ho visto, di cui mi mostrate una foto, è al più del novanta per cento Luca Materazzo. Non aveva occhiali, non aveva cappello, era senza barba e ben vestito, alto poco meno di un metro e ottanta, mi è apparso contrariato e spaventato». Inutile dire che, scattate le verifiche dei carabinieri, dalle telecamere di sorveglianza dello stabile è emerso il profilo di tutt'altro soggetto, poi identificato con tanto di generalità messe agli atti. Primo maggio, supermercato Sole 365 al corso Vittorio Emanuele, uno dei negozi maggiormente accorsati della zona. Anche qui avviene l'epifania di Luca, con un riconoscimento che viene immediatamente segnalato alle forze dell'ordine. Questa volta a sporgere denuncia, una coppia di coniugi e anche in questo caso le immagini dell'impianto di videosorveglianza e la testimonianza delle cassiere non offrono riscontri concreti: «Se lo avessimo visto - spiegano le cassiere - lo avremmo riconosciuto». Uno scenario che ha spinto la Procura di Napoli ad indagare a lungo sulla latitanza di Luca, nel tentativo di capire se il presunto assassino godesse di protezione o agganci locali. Inchiesta dei pm Francesca De Renzis e Luisanna Figliolia, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, l'attenzione resta concentrata sulla prima udienza. Nei prossimi giorni, Materazzo jr farà ritorno a Napoli: potrebbe essere ristretto nel carcere di Civitavecchia, qualora atterrasse a Roma, oppure a Poggioreale, se lo traducessero direttamente a Napoli, con un volo diretto da Madrid. Ma torniamo al processo. Difeso dai penalisti Gaetano e Maria Luigia Inserra, Luca dovrà rispondere alle conclusioni di almeno 25 testimoni. Agli atti parole e immagini in presa diretta. Come quelle dell'avvocato Filippo Licenziati, il primo soccorritore dell'ingegnere ucciso, l'uomo che ha il merito di aver seguito l'assassino, di averne individuato il covo in un anfratto della parte alta di vico Santa Maria alla Neve. Ma torniamo a quel 28 novembre del 2016, alla testimonianza del primo soccorritore. Che sente le urla, lascia il suo studio e si dirige in strada, fa una rampa di scale, incrocia la sorella dell'imprenditore ucciso, fino ad imbattersi nella scena clou: «Giunto davanti al portone, ho visto all'esterno una persona stesa sul marciapiede ed una seconda persona, che calzava un casco integrale, di colore grigio chiaro, in ginocchio sul corpo dell'altra. Ho visto che questa persona impugnava con la mano destra una lama che conficcava all'altezza della gola della persona stesa a terra».

Ma non è l'unica voce di quella notte. C'è spazio per la testimonianza di un minore - uno studente di 17 anni -, ma anche per il racconto fatto alla polizia da una donna, che aggiunge particolari utili soprattutto per quanto riguarda l'ambiente in cui si consuma il delitto. Proprio dal racconto di questa passante, si comprende un concetto su tutti: quella sera i testimoni che hanno assistito sono molti di più rispetto a quelli individuati dalla polizia. Lì, in viale Maria Cristina di Savoia, la scena era decisamente più mossa, almeno secondo il racconto di Adria Amorelli, una donna che si trova a passare in quei frangenti lungo la parte finale delle rampe e che decide di chiedere rifugio in una salumeria della zona: «Ho udito un gran vociare di persone che in quel momento si avvicinavano al luogo e urlavano: Lo sta accoltellando, lo sta ammazzando...», a sottolineare la presenza di soggetti che hanno assistito alla esecuzione dell'ingegnere. Quanto basta a porsi una domanda: chi c'era oltre al primo soccorritore e alla sorella della vittima sulla scena del delitto? Di chi erano quelle voci di persone che hanno assistito alla colluttazione prima e al delitto poi? Rappresentata dai penalisti Arturo ed Enrico Frojo, Elena Grande, vedova dell'ingegnere ucciso, chiede da tempo un processo in grado di dare risposte a quella serata di violenza e rancori esplosi proprio sotto la propria abitazione.
 

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