Napoli. Qui nacque la lotta all'usura: oggi
il Monte di Pietà è in vendita

Napoli. Qui nacque la lotta all'usura: oggi il Monte di Pietà è in vendita
Domenica 26 Marzo 2017, 13:10 - Ultimo agg. 14:00
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Nella Napoli capitale del vice regno spagnolo alcuni gentiluomini napoletani decisero di dare vita a un Monte di Pietà che, a scopo benefico, concedeva prestiti su pegno senza fine di lucro, con l'obiettivo di combattere l'usura. Gli strati più in difficoltà della popolazione cittadina trovarono così un aiuto concreto per fronteggiare problemi di quotidiana sopravvivenza, evitando di finire stritolati nell'odioso meccanismo messo a punto dalla spietatezza degli strozzini. La storia del Monte di Pietà - come racconta il sito di Intesa Sanpaolo - diventa la storia del nascita del Banco di Napoli, che affonda le sue radici più antiche e nobili in questa cintura di salvataggio per folle di poveri e diseredati. Intesa Sanpaolo Group Services, società consortile per azioni partecipata da Intesa Sanpaolo S.p.A, annuncia ora che per quel Palazzo, edificato nel 1539, in via San Biagio dei Librai, 114, in piena Spaccanapoli, un dedalo di vicoli e vita che attraversa il cuore del centro storico della città, ricco di storia e monumenti, si valutano offerte di acquisto. Si tratta di 5.600 metri quadrati, 4 piani, uno interrato, oltre ad un atrio e a un cortile interno.

Il prezzo? Sul sito ci sono quelli per altri immobili mentre in questo caso la trattativa è riservata. L'edificio storico monumentale fu realizzato quando alcuni nobili napoletani acquistarono il palazzo da Girolamo Carafa dei duchi d'Andria e ne affidarono il progetto per il restauro all'architetto romano Gian Battista Cavagni che realizzò anche la Cappella. L'edificio oggi è prevalentemente utilizzato per uffici ed agenzia del Monte dei Pegni, cioè l'attività di credito su pegno, del Banco di Napoli-gruppo Intesa San Paolo. L'intero immobile è naturalmente interessato da vincolo architettonico e monumentale. L'accesso alla proprietà - come descritto sul sito che annuncia la vendita - è segnato da un imponente portale lapideo. Da qui, attraverso un atrio porticato scandito da piloni in piperno e coperto da volte a vela, ci si immette alla corte interna scoperta oppure ai due scaloni monumentali che conducono al primo ed al secondo livello di piano. Sulla porzione meridionale dell'edificio al piano terra è disposta la «Cappella del Monte di Pietà», da considerarsi senza dubbio il maggior motivo di pregio dell'immobile.

La Cappella, realizzata in contemporanea all'edificio, è segnata all'ingresso da una facciata tardo-rinascimentale sormontata da un timpano con sculture. L'interno, interamente caratterizzato da affreschi seicenteschi, si articola nello spazio sacro a navata unica e negli ambienti laterali, sagrestia e sala cantoniera. La prima pietra della Cappella venne posata il 20 settembre 1598. Nelle due nicchie delle campate laterali ci sono le statue della Carità e della Sicurtà, opere di Pietro Bernini scolpite nel 1601. Gli orfani, eterno simbolo della marginalità e del dolore di una società, rappresentati come piccoli bambini nudi o appena coperti da stracci lacerati si tengono attaccati con la forza della disperazione alle vesti di madre Carità, mentre con il coraggio di una rigorosa distinzione la Sicurezza invita a nutrire fiducia. Completamente illeggibili gli affreschi di Battistello Caracciolo che, insieme alle iscrizioni e all'iconografia delle opere scultoree, erano il manifesto del sentimento di solidarietà alla radice dell'istituzione e alla sua volontà programmatica di assistenza.
     

Dalle pannine, cioè biancheria usata, all'oro: è questa in sintesi la storia dei pegni a Napoli. Le pannine erano l'unica garanzia, l'unico bene (anche se di scarsissimo valore) che i più poveri, nella Napoli di metà Cinquecento, potevano offrire. E così con la biancheria usata, in particolare lenzuola, si presentavano agli sportelli del Monte di Pietà e del Sacro Monte dei Poveri per chiedere un credito. L'origine delle banche nel Mezzogiorno, i prodromi dell'attività finanziaria erano insomma legati ad un momento di particolare valore sociale, e cioè quello del sostegno a chi non aveva nemmeno il minimo per sopravvivere. Da questo germe di solidarietà nasceva nel 1539 l'attività di lotta all'usura (già praticata, quest'ultima, all'epoca da un gruppo di persone a Napoli con tassi del 50-60 per cento all'anno) per venire incontro a chi aveva bisogno di cifre irrisorie, appena 3-4 ducati per procurarsi il cibo. Gli indumenti erano sempre quelli, vecchi e laceri. Le agevolazioni erano notevolissime, i tassi contenuti tra il 4 e il 6 per cento. Per i primi giorni il prestito era cosiddetto 'graziosò, cioè gratuito e il bene poteva rimanere in pegno anche per quattro anni. Ma anche dopo l'asta il ricavato, tolte le spese, veniva messo a disposizione dei proprietari. Il principio da mantenere era quello della concessione del credito per fini filantropici. Ma dal '600, in fila con i poveracci, cominciarono a mettersi anche i nobili. Alle prese con esigenze di liquidità immediata, visto che non riuscivano a produrre ricchezza, cominciarono così a depositare gioielli, brillanti e le somme che si cominciarono a movimentare furono di gran lunga superiori. Qualcuno, a quel punto, aguzzò l'ingegno. La consistenza delle somme in ballo indusse a favorire l'attività di deposito per le iniziative mercantili ed artigianali che si svolgevano a Napoli.

Le banche cominciarono a diventare un'arma straordinaria per finanziare la realizzazione di strade e per favorire prestiti. «L'evoluzione del credito su pegno - come documentò lo Umberto Mendia - è nitida.
All'inizio si tratta di un'attività filantropica con un aggio fittizio, puramente figurativo. Si trattava di un'operazione voluta da nobiluomini con enti di beneficenza che nascevano da disposizioni testamentarie, dall'accumulo di capitale per donazioni devolute a finanziare o promuovere iniziative di beneficenza e di solidarietà e si inserivano nel clima della controriforma». Successivamente ci fu un incremento delle attività del Monte di Pietà e del Sacro Monte dei Poveri a causa del crescente indebitamento della nobilità napoletana che non riusciva più a tener freno alle sue uscite e contemporaneamente non aveva più entrate. La sua era insomma una rendita passiva ma senza cespiti. A questo punto ecco emergere un senso molto più affaristico della banca: vede la luce una sezione di prestiti e mutui per fini di impresa. All'interno dei due Monti, quello di Pietà e del Sacro Monte dei Poveri, l'incremento stesso delle somme movimentate porta ad avviare la nascita di una vera e propria attività bancaria. I due banchi, con il vicerè che per l'epoca spagnola dal 1600 al 1734 e per quella austriaca dal 1707 al 1737 e successivamente con quella borbonica, decideva le nomine, assunsero sempre più carattere pubblico. L'usanza di portare beni in pegno non è stata di certo cancellata. Molti sono ancora oggi i nuovi poveri, tra cui piccoli e piccolissimi imprenditori in fila ogni giorno al Monte di Pietà dove presentano in garanzia oro e soprattutto gioielli (quanto alle pannine non è più possibile impegnarle).
  
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