Napoli, se i servizi
fanno bancarotta

di Vittorio Del Tufo
Martedì 20 Giugno 2017, 08:12 - Ultimo agg. 08:13
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Ecco cosa succede nel mondo reale. Succede che la nuova capitale del turismo internazionale, tornata nei radar dei tour operator di mezzo mondo e seduta su un immenso giacimento d'arte e cultura, questa estate non sarà in grado di offrire né ai suoi abitanti né ai visitatori un sistema di mobilità degno di questo nome. Il taglio di quaranta linee cittadine (dal primo luglio al primo settembre) non è soltanto un colpo all'immagine della città proprio nei giorni e nei mesi del grande assalto, ma un segnale di resa (dunque un pessimo segnale) proprio sul fronte più caldo e disastrato dell'amministrazione: quello dei servizi pubblici.

Dai bus fermi in deposito alla Funicolare Centrale fuori uso, dalle politiche sociali senza fondi alle piscine della Mostra d'Oltremare che resteranno a secco fino all'inverno prossimo, quella del 2017 rischia di essere ricordata come l'estate delle privazioni. La lenta agonia del trasporto pubblico merita qualche breve considerazione. Occorreva un notevole sforzo di fantasia per immaginare che un'Anm così disastrata, e senza più un euro in cassa per pagare gli straordinari, fosse in grado di garantire per l'estate un servizio decente. E infatti l'Anm ci lascerà a piedi: linee soppresse, stop ai collegamenti con le periferie, stop alle corse dopo le due di notte, a rischio anche il prolungamento fino alle 24 delle corse del metrò collinare nei weekend. Tutto questo mentre per la Funicolare Centrale è già cominciato il balletto delle date, riapre, non riapre, forse riapre ma non si sa quando, certamente non prima di metà luglio. Doveva tornare in servizio - dopo un lungo stop per manutenzione - il primo giugno, ma a Napoli il fallimento dei cronoprogrammi è la regola, e la certezza dei tempi una bufala, come dimostra lo scandalo dei lavori eterni di via Marina. Fine pena: mai.

Si fa fatica a star dietro alle promesse di efficientamento, di risanamento, di riorganizzazione delle società partecipate. L'estate nera del trasporto pubblico è figlia proprio del naufragio di queste promesse. Senza chiarezza sul piano industriale, senza le risorse per pagare i dipendenti, senza un progetto di rilancio che si ponga l'obiettivo di migliorare la qualità del servizio, l'Anm, già decotta, rischia di sprofondare in un buco nero. Per 194 dipendenti, dichiarati in esubero, potrebbe scattare la procedura di licenziamento. Il piano industriale firmato dall'ex amministratore delegato, Alberto Ramaglia, si basava su due presupposti: che il Comune garantisse la continuità dei trasferimenti (58 milioni all'anno) e che la Regione portasse la sua quota da 59 a 64 milioni all'anno. Se l'ente di Santa Lucia non ha aumentato gli stanziamenti, Palazzo San Giacomo li ha addirittura falcidiati, portandoli da 58 a poco più di 30 e privando dunque l'azienda dell'ossigeno necessario per sopravvivere. Insomma il Comune, alla canna del gas, non riesce a garantire la continuità dei finanziamenti. 

Dopo l'avvicendamento di Ramaglia, non è ben chiaro cosa il Comune intenda fare di quel piano industriale da esso stesso avallato. Il neo amministratore delegato Ciro Maglione, chiamato al capezzale dell'azienda, ha chiesto tempo per «leggere le carte, per verificare». Di fatto non sa che pesci prendere. Non v'è un solo problema, tra quelli su cui ha sbattuto il muso Ramaglia, che non presenterà il conto anche a Maglione. «Ognuno dev'essere disposto a dare il massimo dell'aiuto, a fare sforzi enormi, a sottoporsi a sacrifici inimmaginabili». Cosa vuol dire? Possiamo solo intuirlo: licenziamenti, prepensionamenti, e ancora tagli, tagli, tagli. Con inevitabili ripercussioni su un servizio che già oggi, peggio di così, non potrebbe funzionare. Ed ecco la sforbiciata sulle corse estive, conseguenza pressoché inevitabile di un disastro annunciato. Il neo assessore al Bilancio Enrico Panini a sua volta ha già dichiarato che «dovremmo tagliare di più» e che «saremo costretti a rimettere mano al piano». Rimettere mano al piano significa solo una cosa: tagliare ancora le corse dei bus, ridurre i chilometri prodotti ogni anno. Insomma riversare sugli utenti i costi del fallimento. Ma quanti altri costi - prima, durante e dopo l'estate - dovranno pagare gli utenti per il fallimento delle politiche di risanamento?
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