Napoli, spari ai baretti: identificati i quindici uomini del branco, armati anche i minorenni

Napoli, spari ai baretti: identificati i quindici uomini del branco, armati anche i minorenni
di Viviana Lanza
Lunedì 18 Dicembre 2017, 09:12 - Ultimo agg. 09:15
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Sono stati identificati. Sono almeno quindici. Molti di loro sono minorenni. E dalle indagini è emerso che la notte del 19 novembre scorso erano nella zona dei baretti di Chiaia quando la violenza tra due gruppi di giovanissimi esplose e sfociò nel sangue. Quale sia stato esattamente il loro ruolo nella rissa, se e con quali responsabilità abbiano partecipato è uno dei nodi al centro delle indagini condotte dalla polizia e dai pm Antonella Fratello e Celeste Carrano della Procura di Napoli.
 


I quindici giovanissimi sono stati identificati mettendo a confronto testimonianze e incrociando numeri di cellulari. Alcuni sono di San Giovanni a Teduccio, altri di Fuorigrotta, altri ancora del Pallonetto di Santa Lucia, qualcuno di Montecalvario. Da quanto emerso erano presenti nella zona dei baretti alle tre del 19 novembre notte quando dal lato di piazza dei Martiri sopraggiunse il branco in moto. «Erano tre motociclette indossavano caschi scuri, uno di loro ha esploso un colpo di pistola siamo scappati tutti e i ragazzi in moto hanno ripreso la marcia lungo via Poerio esplodendo altri colpi di pistola», ha raccontato una delle ragazze rimaste ferite per errore.
 
Agli atti dell'inchiesta ci sono varie testimonianze, non tutte convergenti. C'è ancora da indagare per fare chiarezza sulla dinamica. E c'è la posizione di Giuseppe Troncone da definire. Il 20enne di Fuorigrotta, che finora è l'unico a essere stato tratto in arresto nell'ambito delle indagini sulla movida violenta, è accusato di tentato omicidio per aver esploso colpi di pistola tra la folla dei baretti con un'arma detenuta illegalmente.

Oggi si attende la decisione del Riesame sulla richiesta di scarcerazione avanzata dalla difesa (avvocati Antonio Abet e Giuseppe Perfetto). Il 20enne ha negato di essere stato lui uno degli sparatori che alcuni testimoni, tra i ragazzi presenti nella zona dei baretti e rintracciati dalla polizia, hanno descritto tracciando un identikit (uno sarebbe minorenne, robusto e con occhiali da vista, e l'altro maggiorenne con capelli scuri e taglio rasato sulle tempie).

«Se avessi avuto la pistola l'avrei utilizzata prima, non avrei aspettato che mi accoltellassero tutte quelle volte, che mi dessero una botta in testa rischiando anche di rimanerci a terra». Eccola la difesa di Giuseppe Troncone, nessun precedente penale ma un cognome che nel panorama malavitoso della zona occidentale della città vuol dire qualcosa. Suo padre è Vitale Troncone, attualmente in carcere per estorsione. Nel corso dell'interrogatorio Giuseppe Troncone ha provato anche a togliersi di dosso il peso di quel cognome: «Ho un lavoro, non ho tratto nessun beneficio dalla vita di mio padre, non ho interesse a prendere quella strada». E ha smentito anche una delle ipotesi inizialmente prese in considerazione per ricostruire il possibile movente della rissa, quello cioè di uno scontro tra bande per il controllo dello spaccio di droga.

Troncone ha respinto ogni sospetto e ha dato agli inquirenti la sua versione di quella notte. «Improvvisamente sono arrivati, una trentina di persone. Venivano dal vicolo superiore alle nostre spalle che eravamo fermi a bere un drink all'incrocio tra via Poerio e via Bisignano. Erano armati di mazze, coltelli, sfollagente e poi non riesco più a dirlo quello che avevano». A un certo punto qualcuno si sarebbe staccato dal branco balzando giù dalla moto e addentrandosi tra i ragazzi fermi ai bar o seduti a chiacchierare sulle selle di scooter in sosta alla ricerca di una persona: «Dove sta? Chi è?».

Secondo Troncone prese di mira tre ragazzi che erano poco distanti da lui e i suoi amici. I tre ragazzi fuggirono e l'attenzione del branco si sarebbe rivolta quindi su un amico di Troncone. «Vedi è quello con gli occhiali» avrebbero urlato lanciandosi sul gruppo. Il motivo sarebbe stato uno sguardo di troppo. Troncone si è difeso raccontando di aver provato a fare da paciere e di essere inciampato in uno dei motorini in sosta finendo così nel mirino del branco che prima lo colpì e lo tramortì e poi lo accoltellò. «Ho avuto una coltellata a sinistra e due a destra all'altezza delle cosce. A un certo punto mi hanno circondato tantissime persone... improvvisamente ho sentito esplodere dei colpi di pistola, però da più parti» ha raccontando negando di essere stato armato. Segue poi la ricostruzione dei suoi movimenti dopo l'aggressione, su cui la Procura sembra nutrire perplessità.

Dopo il ferimento, Troncone sarebbe stato soccorso da uno sconosciuto, accompagnato in scooter a casa, e da lì in auto con due amici avrebbe raggiunto l'ospedale di Pozzuoli per farsi medicare raccontando a tutti di aver subìto una rapina. «L'ho detto perché non volevo che mia madre si spaventasse visto che sta poco bene». 

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