Napoli. Tutti pazzi per superMaradona tra Bruscolotti, fan e bodyguard

Napoli. Tutti pazzi per superMaradona tra Bruscolotti, fan e bodyguard
di Davide Cerbone
Martedì 17 Gennaio 2017, 08:57
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Sbadiglia l'alba di un nuovo giorno napoletano, per Diego Maradona. Ma in questa seconda giornata nella suite del Vesuvio (l'albergo) e di fronte al Vesuvio (il vulcano) per lui il sole sorge quando tutt'intorno gran parte dei comuni mortali è già in attività. Come un vero re, il patrono laico di Napoli si sveglia tardi, verso mezzogiorno. Il suo riposo esige silenzio e riservatezza. Diego, racconta chi lo conosce bene, quando riposa non vuole essere disturbato per nessun motivo. E non vuole far sapere niente dei suoi spostamenti. Domenica sera, d'altro canto, sulle tavole del San Carlo s'è fatto molto tardi. Il «pibe» è arrivato in teatro alle 22 e, entrato in platea, ha scrutato la magnificenza del Lirico col naso all'insù. Ha scherzato sul palco con Siani e con gli altri protagonisti dello spettacolo, poi ha raggiunto il foyer per la cena organizzata in suo onore, un intermezzo gastronomico di circa un'ora e mezza. Da brividi l'ingresso dell'ospite d'onore nel Salone degli Specchi. Un'entrata trionfale, accompagnata dal coro di una vita - «O mamma mamma mamma, sai perchè innamorato son...» -, con la scalinata di marmo al posto delle scalette del San Paolo. Dopo aver riempito lo stomaco (il tavolo con Maradona, Siani e Clementino era presidiato da una quindicina di addetti alla sicurezza), di nuovo sul palco fino a tarda sera. Uno sforamento che ha costretto la produzione a pagare straordinari a maestranze, tecnici e addetti alla portineria. Il cast di «Tre volte 10», lo show teatral-televisivo ideato e diretto da Alessandro Siani, è tornato in scena ieri intorno alle quattro. Ma nel giorno dello spettacolo le prove riprendono senza il protagonista: arriverà alle cinque e mezza in punto.

Per Dieguito, che sabato notte è andato per la prima volta a trovare il figlio napoletano che porta il suo nome («è venuto nella villetta dove vivo, a Licola», ha rivelato ieri Diego Armando Maradona jr), la prima parte della giornata scorre placida, nella quiete ovattata del Vesuvio, protetta dalla fitta cortina di riserbo eretta dal personale. Del resto, la fibrillazione per l'arrivo dell'ex numero 10 del Napoli e dell'Argentina in città è palpabile: c'è perfino chi nel cinque stelle del lungomare ha prenotato una stanza nella speranza di incrociare nella hall o nei corridoi «el D10s». A proposito: al Vesuvio alloggia anche un ex compagno di Diego all'Argentinos Juniors, Ricardo Prostamo: dopo aver concluso la carriera alla fine degli anni 80 nel Campania-Puteolana quando l'allenatore era tale Claudio Ranieri, è rimasto a Napoli. Tra camerieri e uscieri, comunque, le bocche sono cucite: l'entourage del campione ha imposto all'albergo una rigida clausola di riservatezza che prevede penali salate in caso di eventuali fughe di notizie. E sono laconici anche i suoi compagni di squadra e di gloria come Bruscolotti, che tuttavia aveva già anticipato a «Il Mattino» l'incontro con l'amico al quale cedette la fascia da capitano. L'ex difensore azzurro arriva verso le quattro, dopo la «siesta» pomeridiana del campione. I due si trattengono tra ricordi e battute per un'oretta. Poi, alle cinque e venti, Maradona (che ha ricevuto in dono dal maestro del presepe Marco Ferrigno un busto che lo ritrae con la maglia dei tempi d'oro e l'orecchino con il brillante) lascia il Vesuvio, direzione San Carlo, ma esce dal garage in un van con i vetri oscurati scortato dalla polizia, lasciando a bocca asciutta i circa cinquanta tifosi (quasi tutti sotto i trenta) che, sfidando il gelo, s'erano radunati da un paio d'ore davanti alle transenne nella speranza di scorgere anche soltanto un suo cenno. Dovranno accontentarsi di Bruscolotti, che esce dall'hotel e, come a voler mitigare la delusione, concede foto e autografi. Il più acclamato, il più inseguito, il più desiderato, intanto arriva al San Carlo
Ma anche qui, come se da quel campo che resta il suo più luminoso proscenio non fosse mai uscito, dribbla l'attesa di sostenitori e giornalisti, entrando alle cinque e mezza dall'ingresso laterale, quello del bar Opera Cafè, gestito dalla ditta Scaturchio. Le prove vanno avanti per un paio d'ore, mentre di fronte all'ingresso del teatro gli ultrà dei Fedayn srotolano un lungo striscione, rivendicando, per dirla con uno slogan, «più Maradona per tutti»: «Diego, gioca al San Paolo per il popolo e per gli scugnizzi. Ma quale San Carlo a questo prezzo!».

Con buona pace dei melomani e degli ultrà, però, quando in sala si spengono le luci il palcoscenico per una sera diventa campo. «Quando ha parlato di sua madre mi ha fatto piangere», confessa l'ex compagno Andrea Carnevale, che Diego lo aveva già salutato domenica sera. «L'ho trovato bene, con la volontà di tornare ad essere il vero Maradona. Sono strafelice che diventi membro della Federazione internazionale: a differenza di altri, Diego non ruberà mai un centesimo», continua. La chiosa è inoppugnabile: «È il più grande, nessuno è come lui». Dopo lo spettacolo, esauriti brindisi e saluti, si torna in albergo per la seconda cena in onore del «più grande». La mezzanotte è passata da una quarantina di minuti quando l'intero cast, una cinquantina di persone in tutto, approda al Vesuvio: non più sulla terrazza, come si era ipotizzato in un primo momento, ma in una saletta più riservata. Stavolta i fornelli sono affidati allo chef pluristellato Gennaro Esposito. Maradona ripartirà stamattina in auto per tornare a Roma.
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