«Noi rom non siamo tutti deliquenti
a Napoli dovranno ricredersi»

«Noi rom non siamo tutti deliquenti a Napoli dovranno ricredersi»
di Maria Chiara Aulisio
Domenica 10 Settembre 2017, 20:06 - Ultimo agg. 11 Settembre, 11:55
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Si chiama Argentina, 41 anni, è nata in un paesino della Macedonia ma vive qui da più di trenta e parla perfettamente l'italiano. È arrivata da bambina con la mamma, il papà e otto fratelli: prima qualche anno a Roma, poi un po' in giro per il paese e infine a Napoli dove ha scelto di rimanere con il marito e un figlio che frequenta con regolarità la scuola superiore a Scampia. Vive da sempre nel campo rom di via Cupa Perillo, la sua è la prima baracca entrando a sinistra, ordinata e ben pulita. Argentina sa che ben presto, insieme agli altri, sarà trasferita nella tendopoli in allestimento nell'ex caserma «Boscariello» e sa pure che non sarà un periodo facile.
Quando andrete a Miano?
«Ci hanno detto lunedì».
Quanti siete?
«Qui nel campo eravamo circa 650. Dopo l'incendio molti sono stati spostati nell'auditorium di Scampia, adesso tocca anche a noi andare via. Non credo che ci porteranno tutti in caserma, siamo troppi. Io comunque sono destinata lì».
Che cosa ne pensa dell'alloggio nella «Boscariello»?
«A voi farebbe piacere andare a vivere in una tendopoli? Non credo. E allora fidatevi che non piace neanche a noi ma non abbiamo alternative purtroppo».
Dovete starci solo tre mesi, almeno così dice il Comune.
«Vogliamo crederci perché è già un tempo abbastanza lungo. L'unico vantaggio è che almeno non ci portano troppo lontano dalle scuole che finalmente i nostri bambini stanno cominciando a frequentare. Quest'anno molti sono iscritti perfino alle superiori e anche tanti adulti stanno prendendo la terza media: non era mai successo».
Ha saputo delle proteste della gente di Miano? Temono tutti il vostro arrivo.
«Certo che ho saputo. E mi dispiace anche se ognuno è libero di manifestare e protestare. Noi dimostremo con i fatti che siamo persone civili, si ricrederanno presto. Quando si dice rom si pensa sempre a ladri e delinquenti, gente sporca che vive tra i rifiuti e sfrutta i bambini».
Non è così?
«Ma i napoletani sono tutti brava gente? Non mi pare. Ci sono quelli buoni e i malamente. Lo stesso vale per noi: c'è rom e rom. Quelli che vivono a Miano capiranno presto che la parte buona è superiore alla cattiva».
Si parla di integrazione: quanto si sente parte del territorio?
«Molto più di tanti napoletani anche se dico sempre che le origini non vanno mai dimenticate. Ci sono famiglie rom che vivono qui al campo e conducono vite normali fatte di lavoro, amici e sacrifici. Solo che nessuno lo sa». 
Lei lavora?
«Sono dieci anni che collaboro con il centro Mammut di Scampia».
Di che cosa si occupa?
«Tengo corsi di cucina visto che è la mia vera passione e con gli operatori del centro organizziamo eventi, cene e tante altre attività che seguo personalmente da tempo. Se questa non è integrazione...».
Risponda onestamente: quanti nella sua comunità possono dirsi integrati come lei?
«È vero, non sono tantissimi ma vi assicuro che è in atto un processo serio e concreto di recupero e inserimento dei rom grazie anche a tante associazioni che ci stanno dando una mano. Basta con questa storia che siamo tutti sporchi, ladri e disonesti, non è così. Vogliamo pagare le tasse e l'acqua e la luce come tutti e vivere in case decenti». 
Dovreste prima cercarvi un lavoro, però. 
«Un po' alla volta faremo anche quello. Io lavoro da quando avevo quattordici anni, mi rendo conto che non è così per tutti».
A scuola non ci andava?
«Certo che ci andavo. Mi ricordo che la preside che cercava di darmi una mano mi faceva uscire prima degli altri perché sapeva che dovevo tornare al campo per far mangiare i miei fratelli. Dopo il pranzo andavo a fare le pulizie a casa delle signore. E così ci mantenevamo».
E i suoi genitori?
«Mia madre era sempre malata, entrava e usciva dagli ospedali di Roma, mio padre non ha mai fatto molto sinceramente».
Non crede di rappresentare un'eccezione nel mondo rom?
«No. Ripeto: voi conoscete solo la parte peggiore di noi, come noi conosciamo molto bene anche la peggiore di voi».
A che cosa fa riferimento quando dice «parte peggiore di voi»?
«A quelli che ci perseguitano rendendoci la vita impossibile. Sapete di notte che succede qua dentro? E non solo di notte».
Che cosa succede?
«Entrano come i pazzi, con i motorini, cominciano a urlare, i bambini si terrorizzano ma pure noi, gridano che ci appicciano se non ce ne andiamo da qua». 
L'incendio poi c'è stato sul serio.
«Mamma mia che paura. Erano le due di pomeriggio, abbiamo cominciato a vedere il fumo, poi le fiamme che si avvicinavano sempre di più. La prima cosa che abbiamo fatto è stata prendere tutti i bambini, metterli nelle macchine e portarli via da qui. Io invece non mi sono mossa dal campo».
Perché?
«Aspettavo i vigili del fuoco. Sapete a che ora sono arrivati? Alle otto di sera».
Dopo circa sei ore da quando è scoppiato l'incendio?
«Esatto. E vi assicuro che se fossero arrivati in tempo tutto questo non sarebbe successo. Ma non è stata colpa loro, ci hanno detto che erano impegnati a spegnere altre fiamme».
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