«È urgente, occorrono coperte». Soprattutto al terzo piano della struttura, qualcuno ha cominciato a tremare. Cinquanta buste con altrettanti plaid sono state rapidamente inviate al Sant’Anna e distribuite ai degenti e ai loro familiari. Cinquanta, per poco più di sessanta ricoverati. Le scorte dell’ospedale erano infatti finite. Nei magazzini erano disponibili solo quattro coperte. Possibile? «Sono stato io stesso a chiamare la protezione civile - dice Nicola Vitiello, direttore sanitario - Quando mi sono reso conto che la temperatura continuava a scendere e gli ammalati avevano freddo».
Restando fermi a letto, debilitati dalla malattia, magari febbricitanti, il caldo è una necessità. In ospedale poi, è un obbligo di legge. «Da tempo ho chiesto di avere coperte nuove - continua il direttore sanitario - ma qui tutto deve passare per le gare d’appalto. I tempi sono lunghissimi». Avesse potuto, il responsabile del Sant’Anna avrebbe provveduto subito: «Se l’ufficio Economato fosse stato aperto le avrei acquistate subito con i soldi dell’ospedale». Ma l’emergenza è esplosa la sera della Befana. Giorno di festa e d’avvio di un “ponte lungo”. «Tra un po’ sarà buio e di fronte alle nostre finestre c’è il Vesuvio carico di ghiaccio. Sarà una notte pesante», dice una signora che assiste un suo parente e che passeggia nel corridoio del terzo piano incappucciata come fosse in montagna.
Più tollerabile la temperatura al secondo piano, dove chissà perché i termosifoni sono quasi tutti accesi. Scendendo al primo piano scendono anche i gradi meteo. Sono giorni d’inverno che portano disagi, rabbia, malessere. «Questa è la sanità che taglia l’assistenza, costringe a pagare farmaci ed esami clinici, chiude la case di cura, annulla i servizi di terapia ai disabili»: il signore che indossa un cappello di lana, alza anche il cappuccio del cappotto. È infuriato. La pazienza? «Per forza - dice - mia moglie è ricoverata qui da una settimana, non posso lasciarla sola, non posso fare altrimenti. L’Asl ha deciso che dobbiano soffrire il freddo? Soffriremo anche per questo». Battono i denti anche quanti aspettano i referti nella sala d’attesa della Radiologia.
«Nelle stanze dove non ci sono persone allettate abbiamo spento tutto, così da poter dare più forza ai termosifoni nelle camere», è il rimedio individuato per fronteggiare il gap. Gelo quindi, nel reparto Diagnostica, in tutte le sale che conducono alle Divisioni di degenza, nei corridoi, nei bagni e anche in qualche camera dove il tepore può attendere. Per riparare la caldaia e far ripartire l’impianto di riscaldamento se ne parla infatti domani. Intanto, bisogna arrangiarsi e proteggersi. Dal freddo e da tutto il resto. Il Pronto soccorso non ha sosta. I medici sono cortesi ma frettolosi. Scambiare qualche parola è quasi impossibile. Il reparto è in impasse. Dal 26 dicembre mancano circa venti persone. Ferie programmate e malattie. A risentirne, è innanzitutto l’olfatto. I certificati sono sulla scrivania del direttore sanitario. Che ha scritto alla direzione generale: «Ho inviato gli atti - dice Vitiello - deciderà la direzione Asl3 se fare una denuncia alla procura della Repubblica».
Intanto, al Pronto Soccorso la porta si apre centinaia di volte in pochi minuti.
Medici, ammalati e familiari accompagnatori hanno mascherine sulla bocca. Perché «c’è stato un sospetto caso di meningite», dice un medico. Pochi minuti dopo, dal reparto Malattie infettive del Cotugno di Napoli un’atroce conferma. Quel caso non era “sospetto”. Si rialzano tutte le mascherine di colore verde e ci si prepara ad affrontare un’altra notte. Tra il Vesuvio ghiacciato e i Lattari innevati. Il ricovero in ospedale è ancora più triste. E la Sanità malata batte anche i denti.