Patto dei funerali anonimi a Napoli, sigilli all'impero dei Cesarano

Patto dei funerali anonimi a Napoli, sigilli all'impero dei Cesarano
di Leandro Del Gaudio
Martedì 21 Maggio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 10:13
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Sette imprese sequestrate, ventidue indagati, undici aziende oggetto di perquisizione. E ancora: 150 funerali gestiti a gennaio e febbraio in quattro comuni dell'hinterland, un giro di affari milionario controllato in prima persona, quasi a dispetto delle interdittive antimafia licenziate in questi mesi dalla Prefettura.

Numeri e retroscena dell'inchiesta che punta a fare chiarezza sull'impero dei fratelli Cesarano, quelli specializzati in pompe funebri, a loro volta capaci di imporsi anche in altre regioni d'Italia. Blitz all'alba, indaga il pool anticamorra sotto la guida dei pm Antonello Ardituro e Maria Di Mauro, a loro volta coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli: perquisizioni anche in ben quattro comuni - a Pozzuoli, Quarto, Calvizzano e Marano - nella convinzione che a favorire il boom affaristico dei Cesarano ci sarebbero state omissioni da parte di tecnici e di poliziotti delle locali sezioni municipali.
 
Ma andiamo con ordine, a partire dalle ipotesi battute in queste ore dalla Procura di Gianni Melillo: nei confronti di Alfonso Cesarano viene ipotizzata l'accusa di associazione camorristica, in uno scenario investigativo in cui si punta a dimostrare anche le accuse di violazione dell'illecita concorrenza per aziende sul territorio, intestazione fittizia, varie violazioni amministrative per alcuni stop firmati dalla Prefettura.

Non è la prima volta che la famiglia Cesarano finisce nel mirino degli inquirenti. Nel 2015, le presunte pressioni di un esponente della famiglia finirono al centro delle indagini su Quarto e del presunto ricatto ordito contro la giunta grillina. Pochi anni fa, invece, fece discutere il funerale di uno dei Casamonica, alle porte di Roma, con tanto di tiro a sei ed elicottero (con la musica del Padrino sparata ad alto volume), una cerimonia organizzata (legalmente) proprio dalla famiglia di imprenditori funebri napoletani.

Ma torniamo al blitz di ieri.
In sintesi, tutto nasce dalle interdittive antimafia firmate dal Prefetto lo scorso autunno, che hanno bloccato - almeno sulla carta - il lavoro delle ditte immediatamente riconducibili ai fratelli Alfonso e Attilio Cesarano (quest'ultimo alle prese con una condanna in primo grado a 12 anni di reclusione). Da allora, dallo scorso autunno, il volume di affari della famiglia non si è fermato, ma è andato avanti di fatto, grazie a contatti con aziende satellite e presunti prestanome. Inchiesta condotta anche grazie alle dichiarazioni messe agli atti da alcuni collaboratori di giustizia, che hanno indicato il presunto contatto tra i Cesarano e la camorra targata clan Polverino. In sintesi, stando a quanto emerge dalle prime battute investigative, sono stati Roberto Perrone, Giuliano Pirozzi, Salvatore Izzo, Domenico Verde, Biagio Di Lanno, Gaetano D'Ausilio, che hanno delineato il regime di monopolio che avrebbe caratterizzato l'attività dell'imprenditore Ciro Cesarano e dei due figli Attilio e Alfonso, sempre e comunque «grazie al rapporto privilegiato con il clan Polverino».

Fatto sta che con o senza interdittiva, gli affari sono comunque andati avanti, anche usando espedienti abbastanza elementari, come puntualmente raccontato dal Mattino in questi mesi: in alcuni casi il logo della ditta funebre (riconducibile ai Cesarano) non veniva stampato sui manifesti funebri; stesso discorso per quanto riguarda le auto e i carri utilizzati, che non recavano riferimenti specifici delle singole imprese. Un andazzo che è andato avanti anche grazie alla complicità o alle omissioni da parte di chi avrebbe dovuto svolgere verifiche e controlli in materia, a partire dagli uffici dei rispettivi comuni e dalle forze di polizia locale. Un clima di illegalità diffusa e incontrollata, nel quale gli indagati si sarebbero mossi potendo contare anche sulle condizioni di particolare prostrazione emotiva di chi è alle prese con un lutto. Pietas a buon mercato, dolore dei parenti usato come scudo per eludere i controlli, scenario su cui sarebbe cresciuto un piccolo impero imprenditoriale. Tutti i soggetti coinvolti da blitz e perquisizioni avranno modo di motivare le proprie ragioni nel corso dell'inchiesta, provando a dimostrare la correttezza della propria condotta, mentre la Procura prova ad allargare il raggio di azione delle indagini: un modo per passare dai singoli imprenditori ai controllori che in questi mesi sono rimasti inermi di fronte alla presunta strategia dei Cesarano.
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